La nuova destra
In Italia la politica non è più politica, ormai da tempo, siamo passati dalla morte dei partiti “scatole vuote” alla politica morta e sepolta e lo spazio occupato dalla politica viene riempito dallo scandalo, dall’odio e dalle accelerate per la tangente.
Chi si è preso la briga di sfogliare i quotidiani negli ultimi tempi, non dico di leggerli perché sarebbe un esercizio ormai inutile, ma almeno di sbirciare le prime righe si sarà reso conto che siamo passati dalle aggressioni ad esponenti al di fuori del mondo della politica come Bonanni e Belpietro e successive evocazioni degli anni di piombo ad una surreale campagna intorno ad un’isoletta dei Caraibi, da invettive contro la magistratura con tanto di commissioni d’inchiesta contro la magistratura evocate con il sottofondo del popolo plaudente a diatribe da parte di sacrileghi di professione che si riscoprono verginelle scandalizzate circa pseudo-bestemmie da ennesima barzelletta che non fa ridere.
Insomma anche il termine “teatrino” ormai sta stretto a questo scenario decadente dove le opposizioni come l’antimateria si notano solo perché non esistono. Un periodo che per semplificare viene definito declino del Berlusconismo ma che in realtà è tenuto a galla a stento come il Titanic da più di un protagonista.
Mentre in Italia, al massimo del voler disquisire di politica si discute di bipolarismo, nuova legge elettorale ed equilibri istituzionali in pericolo, negli Stati Uniti prende piede un fenomeno interessante e per molto tempo sottovalutato: i Tea Party.
Le perplessità intorno ad un fenomeno figlo dell’ultraconservatorismo americano, intriso di populismo, che si rifà al vecchio motto “Dio, patria e famiglia” bollato troppo presto come bigotto, sono giustificate soprattutto quando alla guida presunta di questa spinta dal basso compaiono personaggi come Sara Palin o altri pittoreschi figuri legati al folklore americano. I Tea Party però sono qualcosa di diverso, qualcosa di più e se ne sono accorti presto anche i media americani.
Nati e alimentati dal malcontento nei confronti della politica di Barack Obama e letteralmente esplosi anche nei consensi in conseguenza della riforma sanitaria promossa dal presidente democratico gli ultraconservatori del momento affollano piazze e riempiono pullman per lunghe trasferte attraverso gli stati americani in nome dell’abolizione delle tasse e dell’annullamento dell’ingerenza dello Stato a favore dell’iniziativa privata.
Non hanno un leader, Sara Palin ne è solo una delle domatrici ma non la figura trainante (e meno male) e non hanno un manifesto politico articolato, ma tutti giurano che alle elezioni di mid term faranno tremare i polsi ai democratici. Sono la pancia dell’America, si legge da più fonti, ma non è detto sia un male come troppo facilmente si da al termine “populismo” una accezione negativa per nulla scontata.
Sono un movimento che parte dal basso, una destra che preoccupa anche i repubblicani perché pescano consensi soprattutto nel loro bacino, non sono religiosi e nemmeno razzisti, forse la vera benzina del loro motore è la nostalgia per l’America per la quale portare rispetto, quell’orgoglio americano che questa volta sì, può essere identificato con un volto, quello di Ronald Regan.
Non si tratta di essere esterofili, di farsi cullare dal complesso della sempre più verde erba del vicino, ma è impossibile non notare l’abisso che ci separa dalla vitalità politica che pervade il Nuovo Continente.
Mentre in Italia a parlare di Destra abbiamo gente come Bocchino e se va poco poco meglio Fini (e dico tutto!) ma di una destra che non esiste, non ha rappresentanza e soprattutto non ha padri credibili, negli USA nasce una vera nuova destra, che parte dal basso, non si perde in tanti fronzoli ma chiede pragmaticamente poche cose, concrete: l’abbassamento delle tasse e meno Stato nella vita dei cittadini e le chiede dando la netta impressione che non starà ad aspettare troppo passivamente che le vengano concesse.
3 comments