Nascita, ascesa e decadenza di un rocker italiano
“Io ci sarò, ci sarò, ci saròòò, con tutto il mio entusiasmo” cantava Pelù in singolo di qualche hanno fa. Lui c’era, il suo entusiasmo pure, quello che mancava era però il pubblico delle grandi occasioni. Il flop di Piero Pelù in un recente concerto in sardegna, impensabile fino a qualche tempo fa, mi porta a fare alcune riflessione sul rocker fiorentino. La prima è prevalentemente artistica e ve la espongo. La line up iniziale dei Litfiba era composta così: Ghigo Renzulli alla chitarra, Gianni Maroccolo al basso, Antonio Aiazzi alle tastiere, Ringo de Palma alla batteria e Piero Pelù alla voce. In mezzo a questi fior di musicisti che hanno dato dignità alla new wave italiana l’anello debole (musicalmente parlando) era proprio Pelù, il quale però è sempre stato un ottimo performer dal vivo e carismatico quanto basta da portare i Litfiba presso al grande pubblico.
La carriera coi litfiba pur con alti e con comprensibilmente qualche basso è stata ottima. Il personaggio “bucava” talmente bene in video tanto da far aumentare vertiginosamente le sue presenze nel piccolo schermo. Sono puntuali le sue ospitate da Fabio Fazio e immancabili le sue boutade e il suo maledettismo di maniera col quale manda affanculo il potente di turno. Dalla buonanima di Spadolini fino ad arrivare al Bossi pre-ictus in pieno fase di celodurismo, passando per il Papa. Il disco Terremoto sembra anticipare la grande moda dell’antipolitica; un minestrone di testi che mischiano mafia, p2 e tangentopoli, tanto che paiono usciti da un lisergico Gian Antonio Stella.
I fan non della prima ora non sono sorpresi, conoscono bene l’istrionismo di pelù, ma incominciano a storcere il naso dinnanzi al presenzialismo. Ed è così che in poco tempo il gruppo underground diventa nazional popolare. Ghigo Renzulli, chitarrista e fondatore del gruppo, incomincia a mugugnare. In mondi sommersi gli arrangiamenti sono fin troppo pop, l’energia di terremoto ed el diablo sembra un ricordo.
Il successivo disco “infinito”, praticamente pop segna la separazione delle due anime dei Litfiba, Pelù da una parte e Ghigo dall’altra con quello che rimane dei Litfiba. Pelù è sempre più vicino all’apparire, Ghigo alla sostanza, entrambi per motivi diversi falliranno.
E’ l’inizio del declino artistico e della ricerca del consenso a tutti i costi. Pelù gigioneggia sul palco più del solito ma come songwriter dimostra i suoi limiti: brani come toro loco, Bomba boomerang, Bene bene male male sembrano raccogliticci e ricordano alla lontana il sound che l’ha reso famoso. Il colpo di grazia deve ancora venire, ed è il singolo “amore immaginato”, che vede un melenso duetto con la popstar Anggun. nel frattempo l’ex rocker partecipa come ospite a Sanremo ma la cosa, chissà perché, non meraviglia nessuno.
Seguono altri due dischi da studio un live e perfino un greatest hist alla buona. si raschia abbondantemente il fondo del barile, Pelù ripresenta un pezzo dei Litfiba “Re del Silenzio” e la cover della sigla di Jeeg robot d’acciaio.
Non c’è dunque da stupirsi dei concerti semideserti di Pelù, quando le basi non sono poi così solide e la proposta musicale è così debole, la svolta commerciale fin troppo furba alla fine non paga e allontana i vecchi fan.
11 comments