Una storia di lupi, pecore e Agnelli
Sulla eredità, del contenzioso in seno alla famiglia Agnelli e dei conti esteri dell’Avvocato, due miliardi di euro molto probabilmente disseminati in paradisi fiscali, la stampa italiana è stata tutt’altro che omogenea nel trattamento della notizia. Che chi non ne parla o ne parla poco, c’è chi ne parla in maniera fredda e imbarazzata (ma ne parla almeno) come La Stampa, storico giornale di famiglia, e c’è chi, forse nel tentativo di coprire un buco d’informazione, rischia di straparlarne come nel caso di Libero. Probabilmente è destino che quando un impero o una dinastia crolli lo faccia in modo rovinoso, e che gli odi e i dissapori escano fuori minando il buon decoro degli Agnelli, una famiglia che ha segnato non solo la storia industriale del nostro paese ma che ha lasciato un segno tutt’altro che irrilevante nella società italiana.
La storia inizia con una fine, quella dell’Avvocato Agnelli che si spegne dopo una lunga malattia. Le lacrime non fanno in tempo ad asciugarsi, perché la gestione dell’impero non ammette nessun tentennamento. A prendere in mano la FIAT sarà John Elkann nonostante non esistano disposizioni testamentarie in merito: ha inizio la spartizione dell’impero. A Margherita Agnelli arriva un bell’assegno di 109 milioni di euro, e poi a seguire 583 milioni da un’altra ricerca patrimoniale. La situazione della FIAT non è tragica ma non paragonabile all’attuale. Margherita si tura il suo naso sabaudo e prende gli spicci senza fiatare e senza contestare l’operato di Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti, uomini di fiducia che hanno gestito con buone fortune le proprietà del padre. Poi arriva la gestione Marchionne e improvvisamente la famiglia scopre che il mercato automobilistico è si in crisi ma non così tanto, tanto che i cordoni dell’IFIL incominciano ad aprirsi ed a valutare una espansione del gruppo, cosa impensabile meno di cinque anni fa.
Nel maggio del 2007 viene consegnata presso la cancelleria di Torino l’atto di citazione: la vegliarda è tornata a batter cassa, per sé e per i figli. La notizia è una bomba, ma nonostante questo la stampa italiana è molto prudente e soft nei toni, non è servilismo nei confronti del potente anche se gli assomiglia tantissimo. Dopotutto anche se il Re è nudo rimane pure sempre un Re.
Ora dai recenti accertamenti patrimoniali sembrerebbero dar ragione a Margherita e soprattutto allo Stato, e da qui è nata la personale campagna di Libero nei confronti della vicenda, avvalendosi del contributo della pubblicazione di un saggio a puntate firmato da Gigi Moncalvo, il quale sviscera la vicenda e dipinge uno spaccato tormentato della famiglia.
La campagna di Libero è rispettabile e molto dettagliata, ciò che piace meno è che sia basato su di un libro scritto apertamente a sostegno di Margherita Agnelli, che per quanto insista nel dirlo non è si è certo mossa certo per il bene della famiglia. Il libro, originariamente commissionato dalla Longanesi a Gigi Moncalvo, fu scartato proprio perché sposava apertamente la causa di Margherita, la quale col gruzzolo a disposizione non ha certo bisogno di ulteriori avvocati.
1 commento