Perchè non possiamo definirci una nazione bigotta
Alla fine, forse tutto il male non viene per nuocere. Il polverone della Guerra delle Sottane ha mostrato, se mai ce ne fosse bisogno, che gli italiani sono molto meno bigotti di quanto ci consideriamo noi stessi e di quanto ci considerino all’estero, dove molto spesso si fa la semplice sommatoria di cattolicesimo + Papa in casa = bigottismo alle stelle.
Mesi fa, un ministro inglese fu costretto a dimettersi per avere inserito nella nota spese il noleggio di due film pornografici. Presumibilmente, vista l’esigua somma, se nella nota spese avesse inserito il noleggio di un’ora di pedalò in riva al mare, non sarebbe successo niente.
In America, screditare un avversario politico andando a frugare tra amanti e guai familiari è all’ordine del giorno. Una ruse de guerre perfettamente ammessa e che puntualmente colpisce nel segno.
In Italia, il Premier che viene accusato di frequentare minorenni o di pagare signorine compiacenti non solo non si dimette, ma guadagna in popolarità.
Gli italiani sono un popolo di peccatori: uno studio del 2007 rivelò come circa 9 milioni di italiani sono “clienti” delle prostitute. Stimando la popolazione italiana in 60 milioni, la metà dei quali donne, a spanne risulta che un italiano maschio su tre, per farla breve , va a puttane. Difficilmente le percentuali saranno molto diverse in altre nazioni, ma in Italia, a quanto pare, non pretendiamo che chi ci rappresenta debba essere immune dai vizi che noi stessi abbiamo.
Lo stesso accadde col Sircana-gate, quando l’allora portavoce di Prodi fu nominato a portavoce unico del Governo dopo essere stato pizzicato a chiedere informazioni ad un transessuale con minigonna vertiginosa.
Tutto sommato, è una bella dimostrazione che, a differenza di tanti altri popoli, gli italiani non sono degli ipocriti.
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