Pensierino per Lion Hard
Povero Lion Hard. Ha una bella faccia, corpo asciutto non come gli ex giocatori che ben presto prendono le forme di una damigiana, una graziosa compagna che ha fatto la scalata dalle frequenze capitoline al satellite di Murdoch, una camicetta d’un candore accecante con cravattino bordeaux pronto per sfilare su di una cabrio di lusso per le strade della Milano da bere, una solida reputazione da dirigente. Non gli mancava nulla, eppure ha scelto la missione più difficile: allenare l’ospizio Milanello. Quando la ragion di Stato chiama, il patriota risponde. E in effetti il gioco di parole calza a pennello se ad alzare la cornetta è Silvio Berlusconi, gran cerimoniere del conflitto d’interessi made in Italy. Kakà volato a Madrid, Lion Hard cuor di leone si è trovato a fare i conti con la solita truppa di galline vecchie il cui buon brodo era già stato spremuto fino all’ultima goccia dal Pig on the wing che ora svolazza sui cieli della city londinese, più un paracarro barbaro di nome Un-tel-ar e un papero spennacchiato. La differenza la doveva fare Dinho, e difatti qualcosa la toglie ad ogni apparizione. Anche oggi, con questo gol che porta un punticino striminzito, chissà quante partite da titolare si sarà guadagnato ancora tra gli sbuffi di San Siro. A me Lion Hard sta simpatico, mi sembra il classico damerino rimasto col cerino in mano. Ma caro Silvio, non si fanno le nozze con i fichi secchi e per il disastroso Milan che ci hai confezionato non basta un container piazzato al centro dell’attacco. Anche se col frigo pieno.
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