Italianizzazione
Se gli italiani sono conosciuti in tutto il mondo per la loro arte di arrangiarsi, di cavarne sempre un ragno dal buco, di capovolgere le situazioni a loro favore grazie a qualche furbata, un risvolto dell’immigrazione sembra essere che gli stranieri ospiti nel nostro Paese apprendano da noi le arti meno nobili. Un caso riscontrato di persona si sta verificando nei parcheggi a pagamento dove gli omini gialli od i gratta e sosta sono ormai pressoché ovunque sostituiti dalle macchinette che stampano il ticket orario da esporre sul cruscotto del mezzo. Una mattina parcheggio l’auto in un posto libero, opportunamente segnalato dall’extracomunitario con grande mulinare di braccia nerborute; tirato il freno a mano, il viso d’ebano su cui risalta un sorriso d’ordinanza mi chiede se ho bisogno del ticket… risposta ovvia. Così mi chiede quanto tempo rimarrò, e dopo aver ricevuto l’informazione mi passa il bigliettino bianco da esporre sul cruscotto. Pagato l’obolo mi incammino verso le faccende che mi aspettano, totalmente dimentico del gentile africano. Al ritorno ecco il classico teatrino: l’estenuante contrattazione per acquistare qualche gingillo inutile o i fazzolettini da discount ha stavolta degli argomenti che richiamano la gratitudine: “amico, ti ho trovato il parcheggio… ti ho preso il ticket…”. Per non passare da stronzo, gli allungo qualche moneta tintinnante ed arraffo un deodorante per auto che non va neppure bene per i miei bocchettoni dell’aria. Ma nel momento di salutarsi, il mercante/posteggiatore mi richiede indietro il ticket che nel mentre non era ancora scaduto. Non trovandoci nulla di male acconsento, giusto per liberarmi dalla carta straccia. Solo qualche isolato più tardi, fermo ad un semaforo rosso, capisco il giochino. Chi arriverà dopo di me si beccherà il mio stesso bigliettino, e Boogey Man si prenderà il soldo che dovrebbe andare alla società che gestisce i parcheggi. Quanto durerà ancora questa truffa prima che venga scoperta? Stiamo a vedere.
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