Comunisti riprendetevi Berlinguer
Mannaggia a Occhetto.
È colpa sua se la politica è scomparsa, è colpa sua se Berlusconi fa tutto ciò che vuole, è colpa sua se è scomparsa sia la destra che la sinistra. Potrà sembrare una provocazione ma non lo è. Occhetto ha seppellito sia il comunismo che la destra italiana.
Momento: la vecchia “democrazia” si è fatta seppellire da tangentopoli quindi per questo non diamo colpe al senatore torinese, ma uno dei pochi partiti italiani veramente seri era quello comunista, difatti sotto i bombardamenti dei vari pm aveva dato prova di resistere alle accuse che invece condannarono i partiti di maggioranza, in primo luogo il Psi e la Dc.
Ma quale è stata la vera colpa di Occhetto?
È stata quella di togliere il Pci ai comunisti e il bersaglio Pci alle forze di destra. Ma perché proprio in quel momento? Anche ai comunisti più “morbidi” pareva un suicidio quello che nel congresso tenutosi a Rimini nel febbraio ’91 trasformava il Pci nel Pds (partito democratico della sinistra) per permettere alla principale forza d’opposizione di porre le premesse per una ricomposizione della sinistra italiana nel segno del riformismo democratico.
Risultato? Distruzione della sinistra “sana” del paese, con la scissione dal Pds dell’ala più legata all’eredità del vecchio Pci che diede vita a Rifondazione comunista con la conseguenza nelle scelte politiche di essere “separati in casa” e combattere da soli contro una forte componente di destra.
Manca a tutti un Pci, una forte componente comunista che non dialoghi con questo governo pidiellino che sotto la maschera della destra nasconde quella del vecchio partito socialista, non quello dalla scissione di livorno del ’21 al destino di Gramsci, ma a quello del tramonto della prospettiva socialista che ha avuto Craxi come boia e becchino e Berlusconi come riesumatore di salme.
Ora non ci si può più schierare, mancano i bersagli.
Dalla liberazione in poi fino ai primi anni ’90, i partiti di destra hanno avuto come unico nemico contro cui battersi il comunismo, in nome di una destra (ribadisco destra) liberale e democratica. Il comunismo è finito sotto le macerie del muro di Berlino e soltanto i ciechi e gli imbecilli possono temere una sua resurrezione.
Possiamo guardare con compassione quelle frange che si dicono comuniste e che per attaccare Berlusconi gli mettono affianco l immagine di Mussolini per far paura all’elettorato. Questi non capiscono che fanno il gioco di Berlusconi, in un Italia dove tutti amano il proprio padrone (o meglio essere comandati, o ancor meglio, fingere di farsi comandare) ma cosa più stupida da parte loro, fanno passare Berlusconi come un politico e magari anche come uno statista, da combattere in sede politica con la politica e con la armi della politica, dimenticando che il Silvio nazionale non è un politico ma solo un affarista che è “sceso in campo” solo per fare i propri interessi.
I nostri politici sono tutti innamorati di Berlusconi. Cercano di portarselo a letto (e molti di loro ci riescono, vedi Mastella) per accattivarsene le simpatie e sperare nei galloni che solo un capo di governo può dare a una classe politica analfabeta e incapace di pensare e di reagire. Comunisti ridatevi e ridateci Berlinguer.
Il perché di questa considerazione sta nel fatto che la cosiddetta “questione morale” ora pare (anzi è) completamente lasciata morire o dimenticata in un cassetto, di quei principi che non sono ne di destra e ne di sinistra, ma universali sia nella politica che nella giustizia della meritocrazia, valori che abbiamo perso grazie ai nuovi valori datici dal miglior sistema economico come quello capitalista, ma gestito da uomini senza scrupoli che vendono tutto purché porti un arricchimento. Vorrei riportare una parte dell’intervista che Enrico Berlinguer concesse a Eugenio Scalari il 29 luglio 1981 per il quotidiano “La Repubblica”.
Alla domanda: “Lei ha detto che la degenerazione dei partiti è il punto essenziale della crisi italiana, perché?”, l’allora segretario del Pci rispose così: “I partiti hanno occupato lo stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio, oggi c’è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente, ma noi impediremo che un grande organo di stampa come il Corriere faccia una così brutta fine. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire.
E il risultato è drammatico.
Tutte le operazioni che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell’interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un’autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un’attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.”
Era il 1981. Sono passati 28 anni. Ora nessuno parla di questione morale in un paese dove la vera politica fatta di scontri e di opinioni opposte è sfociata non nel centrismo politico, ma in quello “padronale”, dove i sacrifici fatti dalla soppressione del Pci e dell’ Msi per portare a convergere gli estremi in una forma democratica hanno fatto implodere la democrazia in se stessa, dove non esistono più ideali che portino attacchi da una parte o dall’altra, dove mancano appunto i bersagli, come manca un Pci da prendere come bersaglio per ridare alla politica la sua sostanza più nobile, quella della lotta, di quella lotta che uomini come Berlinguer non sono riusciti a insegnare ai nuovi politici.
Stefano Poma (collaboratore)
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