Nazionalcalcismo
La sinistra italiana ha storicamente avuto il merito di porre il problema dell’integrazione dell’immigrato, nel riconoscerne i diritti ed agevolarne inserimento nella società. Un processo inesorabile, che tra omissioni e qualche distinguo tra i duri e puri, i quali affrontano il tema dell’accoglienza senza prendere in considerazione nessun paletto vincolante. La destra, decisamente più conservatrice, è anch’essa su posizioni più morbide rispetto al passato.
Esiste solo un posto capace di infiammare e tirare a lucido gli ultimi rigurgiti di nazionalismo. L’italiano infatti non pare turbato di mettersi in fila per esercitare il proprio diritto di voto accanto al vicino di casa Mustapha, tuttavia incomincia a porsi il problema ed a mugugnare ad una possibile convocazione del brasiliano Amauri, che toglie il lavoro ai bomber italiani, direbbe qualche leghista. E mentre negli stadi si sentono cori vergognosi nei confronti di Balotelli “non ci sono neri italiani”, quasi che la sua presenza di un nero potesse guastare l’italica etnia, parrebbe quasi che, mentre la società si sposta altrove, il calcio italiano flirti ancora con gli ultimi rigurgiti di nazionalismo.
Ecco perché le recenti dichiarazioni di Giampaolo Pazzini non stupiscono affatto “Amauri in azzurro? La questione mi dà un po’ fastidio. Un conto è essere metà e metà, un conto è non aver niente a che vedere con l’Italia” come a dire, passi pure l’italiano meticcio, sia con magari un trisavolo italiano, ma guai a prendere il passaporto (e soffiargli il posto) senza avere un parente prossimo. Scopriamo quindi che perfino tra naturalizzati esiste una sfumatura a decrescere di italianità, che possono si esercitare i propri diritti prestando servizio militare, pagando le tasse, votando, ma non ad inseguire un pallone con la maglia azzurro-Savoia.
Quel che appare bizzarro è che fu lo stesso fascismo ad inventare il fenomeno degli oriundi, dimostrando più pragmatismo che cieco nazionalismo. la spedizione del ’34 di Vittorio Pozzo ne schierava 7 su 16 convocati, tra cui la mezzala argentina Raimundo Orsi che con l’argentina vinse la medaglia d’argento nella olimpiade di Asterdam. Eppure la nazionale di calcio sembra essere una cosa a parte, forse l’ultimo baluardo di patriottismo rimastoci, e forse proprio più difficile ad adeguarsi al mondo che gli cambia attorno
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