Tinì Cansino
Che all’uomo italiano piacessero le donne dai seni prorompenti e possibilmente in bella mostra si sapeva, sarà per il senso materno, sarà per altri sensi molto meno innocenti ma difficilmente anche la televisione italiana è riuscita a sfuggire a questa regola.
Ecco che negli anni ’80 si sono riversate nel nostro paese decine e decine di starlette pronte a bucare lo schermo grazie alle loro indubbie qualità mammellari.
Non è sfuggita a questa regola nemmeno la protagonista dei “Ritratti” di oggi anche se con modalità un po’ diverse dal solito.
Photina Lappa nasce in un’umida giornata di fine settembre, per la precisione il 23 settembre del 1959 in un piccolo villaggio della Grecia. Il suo arrivo nel nostro Paese è del tutto casuale e risale al 1978, quando la diciannovenne Photina si trovava in vacanza in Italia con un’amica. Come capitava un tempo, al contrario di oggi che è necessario orbitare intorno a qualche potente politico, la Nostra viene notata da un agente di spettacolo che, captando le sue indubbie doti fisiche decide di puntare su di lei, avviandola al mondo dorato dello spettacolo.
Con il nome Photina, seppur in qualche senso nome evocativo, non avrebbe fatto molta strada, in ogni caso era abitudine in quegli anni come nei precedenti adottare uno pseudonimo, un nome d’arte adatto perché venisse ricordato dai telespettatori. La scelta cadde prima sul cognome Cansino, vista la somiglianza, a dire il vero abbastanza vaga, con l’attrice diva Hollywoodiana Rita Hayworth che di cognome faceva appunto Cansino. La scelta di quel cognome associato al nome Tinì segnò il battesimo della giovane e prosperosa showgirl che negli anni ’80 fece sognare parecchi uomini e provocò i primi tumulti ormonali agli adolescenti brufolosi dell’epoca.
Il genere al quale Tinì era più adatta per le sue doti artistiche non era difficile da scoprire e infatti il suo debutto televisivo avvenne con un programma televisivo sexy soft erotico intitolato Playgirl nello staff della già affermata Minnie Minoprio.
Il grande successo però arriverà qualche anno più tardi e sarà il botto che la consacrerà definitivamente nel mondo del piccolo schermo, nel 1983 parteciperà infatti alla trasmissione poi diventata cult Drive In, geniale programma inventato da Antonio Ricci che ha tenuto a battesimo i più grandi comici cabarettisti protagonisti della scena televisiva della tv commerciale e non solo.
Nel circo di Drive In Tinì Cansino ha fatto quello che meglio sapeva fare, la ragazza fast food con il seno che sembrava dovesse strabordare da un momento all’altro dal reggiseno e una camminata sculettante da capogiro, persino un imberbe Piersilvio, il figlio del padrone tra una risata finta e l’altra, abbozzava tra il pubblico del fortunato show.
Parlare? Poco, solo qualche frasetta buttata ogni tanto con fare svampito e accento straniero.
Ci era o ci faceva? Difficile da capire ma in fondo non importava più di tanto in quel contesto.
Il successo in TV porta poi al debutto cinematografico in pellicole non proprio da Oscar ma rivalutate negli ultimi anni come veri e propri lungometraggi di culto: nel 1984 è nel cast di Arrapaho, creazione degli Squallor, dove veste i panni di Ascella Pezzata e poi negli anni successivi partecipa a Carabinieri si nasce (1985) e ai film per la televisione Doppio Misto (1986) e Provare per credere (1987).
Non mancano anche le pellicole erotiche come Delizia di Joe D’Amato (1987), A un passo dall’aurora e Arabella l’angelo nero nel 1989.
Poi Tinì Cansino scompare dalle scene, si ritira a vita privata e si dedica alla sua famiglia composta da tre figli, due femmine e un maschio.
La prorompente bellezza mediterranea di Photina, figlia di una terra che ci ha donato l’arte del nudo nella scultura ci manca, come ci manca la sua sensualità velata di eterea spensieratezza, ben lontana dalle sgallettate di oggi sempre in cerca del calciatore o del posto in lista in qualche partito.
Tinì non ha ceduto alla tentazione di riciclarsi magari dopo un abbondante restyling e ha scelto ciò che più conta, la famiglia, segno che dietro petto e coscia, seppur nascosti bene, c’erano anche dei valori.
Ci piace immaginarla ormai cinquantenne con il seno non più su come una volta anche a causa delle tre gravidanze, che ricorda i bei momenti passati e allieta le serate dei figli davanti al caminetto, gettando bucce di arancio sul fuoco lisciando il pelo di un gatto arruffato come ai suoi tempi carezzava il capo di Gianfranco D’Angelo immerso nel suo decoltè.
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