Paranormal activity

Paranormal activity

Ecco un altro film con le “telecamerine”. Ricordo ancor oggi l’età imberbe in cui vidi l’archetipo del genere: The Blair Witch Project. Era un’altra età del cinema, non c’erano i multisala, i posti numerati, il 3D, in compenso avevamo la pausa tra primo e secondo tempo in cui c’era la corsa a fumare una sigaretta, comprare porcherie o semplicemente pisciare. Il ricordo del film è ancora vivido in me, così come la sensazione di incipiente mal di testa e nausea dovuta a tutto quel movimento delle immagini peggio dei filmini amatoriali ad un matrimonio. Internet non era ancora un fenomeno di massa, quindi si era abbastanza impreparati a ciò che sarebbe passato sul grande schermo. Col passar dei minuti l’incredulità cresceva: il film NON poteva essere tutto così. Al termine della proiezione ci fu una reazione della sala che non mi è più capitato di vedere: una bordata di fischi, insulti a non si sa bene chi, improperi per i soldi buttati, ecc. ecc. In quella bolgia, mi ritrovai a fischiare anche io preso dall’emotività. Ma appena uscito dalla sala mi veniva difficile catalogare ciò che avevo visto, ed alla fine arrivai alla conclusione che in realtà avevo visto un buon film. Quantomeno originale. E la reazione scomposta (mia e di tanti altri) era solo quella naturale ed istintiva che si ha quando si entra a contatto col “diverso”, qualcosa che esula da consuetudine e schemi mentali  prestabiliti. Questo lungo preambolo per far capire che non sono contrario a priori al genere finto-amatoriale, anzi potrei dire che esiste anche qualche altro esempio del genere che ho trovato interessante ed alludo al Cloverfield di J.J. Abrams (celebre padre di Lost) o a REC. Ma questo genere – che ora prolifera nell’horror – ha talmente tanti limiti che o si fa un prodotto altamente innovativo e spiazzante oppure soccombe miseramente rispetto allo stesso film ma girato in condizioni normali. La mancanza di un io narrante, di un respiro nella storia che non siano i semplici dialoghi e le inquadrature fisse, l’escamotage della telecamerina che costringe i protagonisti a trovare qualsiasi scusa pur di giustificare il fatto di portarsela sempre con se anche nei momenti d’alta tensione, porta spesso il genere a fallire. Paranormal  Activity appartiene a questi fallimenti. Nel film, definito da Spielberg come uno dei più terrificanti di sempre (e spero fosse in preda alla dissenteria mentre lo affermava) è basato praticamente sul nulla. Non si vedono mostri, non si vede nulla. Solo suggestioni che portano lo spettatore alla stanchezza nonostante il film sia pure piuttosto breve. Ed il finale? Ne vogliamo parlare? Non voglio spoilerare, ma siamo a livello di bimbominkia. Se questo film fa il paio con Il Quarto Tipo, nelle sale in contemporanea, possiamo ben dire d’esser di fronte a due cagate pazzesche (cit.).

2 comments

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Damiano

Ottimo articolo e condivido in toto la tua recensione.
Ho visto il film ieri sera e devo dire che “The Blair witch project” è di un’altra galassia al confronto.
“Paranormal Activity” si trascina stancamente con una trama fin troppo regolare tanto che lo spettatore in un certo senso sa già cosa stia per avvenire.
E il finale, come hai detto tu, è ridicolo poichè ricorda alcuni video-scherzo che circolano su Youtube e Facebook per far spaventare la gente.

p.s. Se Spielberg si è spaventato significa che soffre di Alzheimer visto che “Lo squalo” girato da lui fa 100 volte più paura di questa robaccia…

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