Sanremo: L’opinione di chi non l’ha visto
Come tutti i veri bravi giornalisti e recensori mi accingo a parlare di ciò che non conosco ma che intuisco, di ciò che non ho visto ma che letto o sentito dire. Perché vuoi per pigrizia, vuoi perché il pezzo deve essere pronto per le undici per uno spettacolo che sfora oltre la mezzanotte, tutti quelli che si accingono ascrivere su Sanremo lo fanno attingendo senza farsi troppi problemi dal loro pozzo dei pregiudizi.
Sparare su Sanremo risulterebbe un esercizio di stile fin troppo facile, come sparare sul bersaglio grosso (non mi riferisco necessariamente alla Clerici), e poi questo è già il lavoro di Aldo Grasso. Per quanto fruibile al grande pubblico Il fenomeno Sanremo mi sembra un po’ più complesso di come lo si voglia liquidare con giudizi trancianti. Qualcuno ha scritto che la musica è il vero sacrificato, che la kermesse è uno show televisivo con il pretesto delle canzonette. Questo è vero, ma era vero anche venti anni fa, quando il mercato musicale non era ancora collassato e qualche proposta per la verità vendeva pure bene.
La novità prepotente degli ultimi anni e che ha preso il largo quest’anno sono gli artisti prodotti dai reality show, diventati quasi un concorso pubblico per diventare un big di Sanremo pur non avendo alle spalle dei pezzi propri, tuttavia forti, anzi fortissimi, di un seguito del popolo televisivo giovanile. Abbiamo quindi una palestra per discreti interpreti che, grazie ad una certa telegenia ed al meccanismo di affezione che scatta nei reality, diventano beniamini dalla data di scadenza molto breve (spesso una stagione televisiva, massimo due) in attesa di essere sostituito da un nuovo caso televisivo. Non stupisce quindi che un tutt’altro che trascendentale Marco Carta vinca il festival lo scorso anno, e nemmeno se un Valerio Scanu, coadiuvato dall’altra defilippina Alessandra Amoroso, viene trascinato in finale nonostante l’eliminazione della prima serata. La sensazione che si ha è che con certi fenomeni da pianobar soccomberebbe anche il più ispirato dei Tenco, e che la stessa manifestazione sia appunto drogata dalla presenza di questi concorrenti rampanti e già temprati dalle gare televisive.
Non che le altre proposte dei big siano migliori, ma perlomeno hanno alle spalle qualche disco, qualche migliaio di concerti. Insomma se non proprio artisti quantomeno dei mestieranti.
Dopo aver parlato di quello che non ho visto voglio fare una piccola chiosa su qualcosa che invece ho ascoltato con più attenzione. Umberto Giardini in arte Moltheni, sottovalutato cantautore dalle liriche mai banali, presente anche lui a Sanremo più di dieci anni fa (ma tra le nuove proposte, perché i reality e i concorsi canori col televoto erano ancora al di là da venire), ha deciso di abbandonare la musica “mi ritiro da questo mondo musicale stupido perché io non sono stupido. Non credo di aver rappresentato in termini di valore nulla in questi anni”. Di Moltheni è uscito recentemente “Ingrediente Novus” una raccolta dei suoi pezzi più rappresentativi, per l’occasione completamente riarrangiati. Un autentico e prematuro epitaffio musicale.
Il pezzo di Moltheni alla fine è Vita Rubina, presente nel suo ultimo disco da studio “il segreto del corallo”
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