A scuola protetti
Non si sa mai che ci scappi la sveltina in bagno, che la professoressa non ceda alla mano infilata nel perizoma o che la compagnetta non conceda di cogliere il suo fiore durante l’ora di ricreazione o che il bidello abbia bisogno di scaricare lo stress. E che fai? Devi correre in farmacia, al centro commerciale, in una tabaccheria o a casa nel comodino di papà ? Ma no, vai al distributore che c’è a scuola, vicino al bagno (così nel caso non ti devi nemmeno spostare troppo dal luogo dell’ammmore) e il gioco è fatto! Comodo, non c’è che dire.
Una scuola che abdica su tutto e china la testa, che permette il bullismo anche contro i portatori di handicap (ops scusate “i disabili”, ops scusate “i diversamente abili”) decide di prendersi cura dei portatori di testosterone schi(z)zofrenico, i diversamente domatori di pistolino nelle mutande.
Interessante.
Ora come al solito ci saranno due fazioni: la prima è quella della libertà sessuale come principio assoluto, lo stesso che ha portato in Olanda, in nome della stessa libertà , alla costituzione del partito pedofilo (attenzione non per lo stupro ma per i bambini consenzienti) e quelli che si mettono il prosciutto negli occhi e vogliono negare l’evidenza del fatto che il sesso tra adolescenti è diffuso quanto i dischi di Laura Pausini in Messico.
In realtà la questione è un’altra ed è una questione che senza andare a scomodare il sesso, la sessuofobia, il libertinaggio e la procreazione responsabile riguarda una questione meramente di principio.
Mi chiedo anche che cosa ci facciano le macchinette distributrici di caffè, cappuccino e merendine la cui presenza fino agli anni novanta era impensabile se non in sala professori o in bidelleria mentre ora, in molti istituti è nell’andito a disposizione di tutti.
Non è raro quindi che venga istituzionalizzato un pianerottolo sulle scale di emergenza per fumare (una pausa sigaretta non ufficializzata ma tollerata), o che si vedano in giro ragazzi con il bicchiere di caffè in mano in giro per gli anditi o con il berretto con la visiera in classe che spippolano l’Ipod durante il compito in classe.
Eh, lo so, i tempi sono cambiati.
Ridurre il ragionamento al fatto che una fiesta o un caffè liofilizzato non fa male a nessuno non è affrontare il problema ma buttarlo in caciara. Perché poi ci si chiede perché i ragazzi di oggi non hanno più rispetto per i professori, per i genitori, per il proprio corpo e per quello degli altri o perché la scuola non è più quella di una volta.
Tornando a bomba sull’argomento, la scuola è il luogo preposto per la distribuzione a basso prezzo dei copricapo in lattice?
Io tenderei a rispettare le idee e le decisioni di tutti, pur essendo critico sul preservativo come toccasana ai mali del sesso, ma mi chiedo, perché a scuola? Si possono comprare ovunque, mi è capitato più di una volta che mi fermassero per strada per regalarmene un paio, è pieno di distributori esterni nelle farmacie che in qualche modo, volendo, preservano anche l’anonimato, ma perché a scuola?
Perché no? Per lo stesso motivo per cui al palazzo del comune non vendo i vibratori nel palazzo dell’INPS non ci sono le slot machines.
Mi piacerebbe che i dirigenti scolastici dell’istituto che ha fatto montare il distributore di profilattici vicino ai bagni della scuola spiegassero il senso della loro iniziativa, magari riescono a convincere anche altri.
A meno che non sia solo un pilatesco lavarsi le mani sul problema o forse il distributore viene alla fine di approfonditi corsi di educazione alla sessualita svolti come materia extrascolatica o all’interno dell’orario di studio?
Sarebbe bello capirlo perché dobbiamo deciderci, o le questioni di principio esistono per tutto o non esistono per nulla e allora viviamo senza paletti e il riferimento al paletto non è casuale.
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