Bersani Franceschini Marino e il giro del mondo in ottanta giorni

Bersani Franceschini Marino e il giro del mondo in ottanta giorni

Era il 1873 quando uscì nelle librerie il celebre romanzo dello scrittore francese Jules Verne “Le tour du monde en quatre-vingts jours” in cui si raccontavano le vicende del londinese Phileas Fogg e del suo cameriere Passepartout i quali tentarono e riuscirono nell’impresa di circumnavigare la terra in appena ottanta giorni. S’affacciava il ventesimo secolo, le strade per la prima volta s’addobbavano della luce elettrica, i motori bruciavano le prime miscele, l’Europa, il mondo tutto, si modernizzava. Scriveva lo storico Eric Hobsbawn “il medioevo finì nel 1860, quando i notiziari poterono essere telegrafati da un numero sufficiente di punti del pianeta per raggiungere all’indomani la tavola della prima colazione”. Gridava Marinetti ai convenuti futuristi “non vince più chi è più carico di passato, ma bensì chi è più gravido di futuro”. Se noi avessimo questo tipo di coscienza dataci da quegli uomini, i quali per primi gioivano e esultavano alle nuove tecnologie per portarle ai giorni attuali capiremo il divario intellettuale che ci separa da essi, come quasi un’appartenenza a due mondi diversi e mai paralleli per concezione materiale dell’innovazione. Premesso questo e cercando d’evitare l’errore di guardare i tempi passati con gli occhi attuali che come sappiamo possiedono una patina di magia regalata dal tempo e dalla nostalgia che li rende più belli di quanto siano stati in realtà in passato, cerchiamo di fare un balzo ai giorni attuali, a questo 25 ottobre che porterà alla testa del Partito democratico uno tra Bersani, Franceschini o Marino. Sia ben chiaro, da parte mia non c’è nessuna volontà d’avvicinare i tre candidati ai personaggi prima citati, anche perché nessuno potrà trovare connessione tra gli uni e gli altri, e invece, magari con un po’ di fantasia la connessione c’è, ed è strettissima. La nostra sinistra (come tutte quelle dell’occidente) è dalla caduta del muro di Berlino in poi “progressista”, e cioè pone a dispetto del vecchio sistema comunista una modernizzazione dell’apparato governativo, basato a una opposizione d’un sistema conservatore ancorato ai vecchi sistemi. Senza una innovazione quindi, non c’è una sinistra, o meglio una nuova sinistra. Noi sappiamo e abbiamo ben presenti gli scempi che questa classe politica ha perpretrato e che continua a perpretrare dalla fine della prima repubblica a oggi. Questo senz’altro allarma gli elettori “coscienti” del centrosinistra, i quali s’aspettano che qualcuno ponga uno spartiacque a questa commedia “casalinga” nella quale i vertici del Pd stanno seppellendo a poco a poco i vari residui storici di quelli che furono i partiti della resistenza. Centralizzando gli estremi in uno stato a regime democratico e quindi parlamentare, per forza di cose si finisce nell’incarnare nell’esecutivo lo stesso sistema parlamentare, il quale non avendo idee opposte sarà a servigio del presidente del consiglio. Ciò è inevitabile. Dove sta la sinistra riformista a questo punto? È semplice, rimane ancorata a quei ricordi nostalgici d’una vecchia politica di lotta, di scontri, di follie che eccitano gli animi ma che non consentono uno stato parlamentare centralizzato e quindi anacronistico. Io sono convinto che non tutti i rappresentanti del Pd vogliano questo scempio politico devoto al comune padrone, ad esempio un prossimo futuro “accettabile” per la sinistra italiana poteva nascere qualora questi cavernicoli marinai del post-Prodi anziché attaccarsi alle proprie poltrone col Super Attach scegliessero di dare un colpo di spugna a questi siparietti da ingenui che stanno portando l’Italia a essere derisa in tutto il mondo nonché dai pochi italiani coscienti di ciò che accade. L’unica (a parte Prodi) rappresentante della sinistra che sia riuscita a battere Berlusconi alle urne è Debora Serracchiani, la quale nelle ultime elezioni europee nel Friuli è stata la più votata con 74mila voti nella regione e 145mila nella circoscrizione II. Non male per una giovane tenuta nascosta dai leader maximi ma capace di darsi una propria visibilità con una mossa davvero progressista, cioè quella di capire la nuova divulgazione politica di propaganda, e cioè internet. Anche i messaggi da lei lanciati sono quelli di una sinistra giovane ma matura, “facciamo opposizione o facciamo finta? Parliamo del conflitto di interessi di Berlusconi o facciamo finta? Facciamo le riforme o facciamo finta?”. Chiaramente queste sono domande a cui i tre nonnetti capi non risponderanno mai, dato che appena cadrà Berlusconi il Super Attach che sta nelle loro poltrone si scioglierà come neve al sole. Lei stessa ha dichiarato durante la trasmissione Victor Victoria lo scorso 22 settembre “per diventare leader del Pd mi mancano i baffi, barba e capelli bianchi”. Eppure perfino il cavaliere ha vinto e continua a vincere le elezioni grazie alla tecnologia, e cioè grazie alla televisione che naturalmente essendo tutta a sua direttiva lo tiene sul proscenio. Perfino Berlusconi, il conservatore antiprogressista ha avuto più idee innovative dei politici della sinistra, i quali continueranno a voler fare il giro del mondo in ottanta giorni, quando potrebbero farlo in un solo giorno, Serracchiani docet.

Stefano Poma (collaboratore)

Commento all'articolo