Cesta o croce
In quel di Trento, un docente, al termine d’una discussione coi propri allievi riguardo il significato del crocifisso in aula, in un momento d’ira, ha gettato nel cestino quello che aveva alle spalle. Alcuni colleghi che hanno assistito all’andazzo, l’hanno denunciato al preside dell’istituto, il quale sagacemente, ha aperto un provvedimento disciplinare. Io spero davvero (ma ne dubito) che il docente sia stato denunciato solo per aver leso, o, cercato di farlo, un bene materiale di proprietà dell’istituto, poiché se davvero, sarà tacciato d’essere un “soggetto pericoloso” poiché non giustifica il crocifisso in aula, s’andrebbe a capovolgere tutto.
Il simbolo sacro, fu reintegrato negli uffici pubblici dalle disposizioni dei patti lateranensi, accordo firmato quella piovosa giornata dell’undici fabbraio 1929 dal cardinal Gasparri e dal Duce, Mussolini. Il diciotto febbraio dell’84, i patti, sono stati modificati dagli accordi di Villa Madama, avvenuti tra la Repubblica italiana e la Santa Sede. La necessità era già avvertita da molti anni, sia per i cambiamenti istituzionali, sia per quelli sociali che stavano trasformando il nostro paese da stato nazionale a stato cosmopolita.
Cosi il nuovo accordo, tra le altre previsioni, ha abrogato il principio, sancito dal trattato del 29, della religione cattolica quale unica religione di Stato, per affermare la laicità dello Stato, con il riconoscimento di eguale libertà a tutte le confessioni religiose, in attuazione dei principi di eguaglianza e pluralismo.
Detto questo, e cioè che lo stato è laico, chi rappresenta lo Stato all’interno d’un aula scolastica? Il docente. E il docente che compito ha? Quello di insegnare ai propri allievi, e ha tutte le facoltà, di spiegar loro che all’interno d’una scuola, il crocifisso, è come uno stupratore pedofilo in una chiesa cattolica. Chiesa e istruzione, sono due ossimori, due antitesi, due termini inavvicinabili.
Sapete a chi dobbiamo dare la colpa per il fatto che B. è presidente del consiglio? Alla chiesa cattolica e alla sua cultura. Avete finito di ridere? Bene, ora posso spiegarvi il perché.
La cultura e la politica italiana è nata nel Palazzo alla mensa dei Principi e dei Re, laico o ecclesiastico che fosse, e non poteva essere altrimenti, visto che i nobili erano in un paese di analfabeti come l’Italia e quindi senza pubblico mercato, gli unici a potersi occupare di cultura e di politica.
Questo è anche, in parte, il motivo per cui la sinistra non è mai andata al potere, al governo, in Italia, ed è in parte lo stesso che vuole il popolo analfabeta, guidato dall’uomo forte che gli interpreta “la loro vita”, come fece Mussolini e come fa ora B..
Mentre la riforma protestante aveva sgominato, in tutta Europa tranne che in Italia e in Spagna, l’analfabetismo facendo obbligo ai suoi fedeli di leggere e d’interpretare i sacri testi senza la mediazione del Pastore, autorizzato a dare solo qualche consiglio.
La controriforma invece, quella che avemmo noi italiani in concorso con gli Spagnoli, faceva del prete l’unico autorizzato interprete delle Sacre Scritture, la quale si è tacciata d’essere la fabbrica dell’analfabetismo, che lasciava l’intellettuale, l’artigiano e il proletario, alla mercè (in tutti i sensi) del suo patrono e protettore.
Questi preti, naturalmente, si facevano ripagare questi sforzi dai fedeli non solo con la piaggeria, ma anche con la difesa del sistema su cui si fondavano i suoi privilegi. Così si formò quella cultura parassitaria e servile che non e’ mai uscita dai suoi circuiti accademici per scendere in mezzo al popolo a compiervi quell’opera missionaria, di cui le e’ sempre mancato non solo la vocazione, ma anche il linguaggio.
In Italia il professionista della cultura parla e scrive per i professionisti della cultura, non per la gente. E istintivamente cerca ancora un Principe di cui mettersi al servizio. Scomparsi quelli di una volta, il loro posto e’ stato preso dai depositari del potere, cioe’ dai partiti.
Quindi se anziché accusare il Prof che ha gettato il crocifisso nel cestino, ce la prendessimo con chi ha violentato la nostra cultura mantenendola analfabeta, non sarebbe sbagliato.
Stefano Poma (collaboratore)
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