Di Stefano e il bluff Europa7
Come volevasi dimostrare il caso Europa7 si è rivelata la solita manovra elettorale (non dissimile a quella di una certa parte della magistratura) per screditare la parte politica avversa.
E’ infatti chiaro che l’emittente di Di Stefano, non ha mai avuto alcuna intenzione di trasmettere ma solo quella di ostacolare Mediaset.
Lo dimostrano tutti i ricorsi alla magistratura contro Mediaset, il non aver voluto trasmettere anni fa quando vinse la concessione (poteva trasmettere se avesse acquisito frequenze, dato che fu autorizzata, ma si rifuto in quanto voleva per forza quelle di Retequattro), tanto che quella concessione decadde per mancato utilizzo.
Ha pure fatto un ricorso alla corte europea che le ha (ingiustamente a mio avviso) dato parzialmente ragione, facendogli assegnare una nuova frequenza.
Questa frequenza è stata ricavata dalla ricanalizzazione della banda VHF (l’italia si omologa alla canalizzazione in uso nella maggior parte delle nazioni europee) e dal 1 luglio 2009 è disponibile una nuova frequenza per l’emittente romana.
Noi tutti telespettatori eravamo ansiosi di vedere quali ventate di novità questa nuova emittente ci proponesse, per capire se sarebbero state solo repliche del seven show e qualche televendita, come i piu informati sospettavano, oppure una vera programmazione degna di questo nome, ma siamo rimasti con un pugno di mosche.
Infatti l’emittente ha deciso di non trasmettere, pretendendo 3 frequenze, asserendo che cosi non potrebbe trasmettere e che cosi sarebbe fallita dopo 6 mesi, facendo felice Mediaset.
Peccato che con lo switch-off del digitale terrestre che si sta completando gradatamente in italia (terminerà nel 2012) verra utilizzata la trasmissione in SFN (quindi una unica frequenza in tutta italia), pertanto avere 3 frequenze potrebbe significare l’acquisizione di una posizione predominante con la possibilita di trasmettere piu canali di quanti ne potrebbe trasmettere la concorrenza.
Purtoppo il Di Stefano cerca di fare il furbo e non di trasmettere, daltronde il suo business è affittare i propri studi alla Rai, lautamente ricompensato, magari con contratti siglati nei periodi nei quali il cda rai era “rosso”.
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