A ridaje con la castrazione chimica
Appena si parla di stupri o di pedofilia rispunta come il fiorellino giallo a primavera nelle aioule cittadine la famigerata castrazione chimica.
Ma in cosa consiste la castrazione chimica? Sciogliere l’organo genitale nell’acido? Fare un gavettone di azoto liquido in mezzo alle gambe al malvivente? Costringere il maniaco sessuale a sorbirsi le lezioni di chimica del consorzio Nettuno a notte fonda?
Niente di tutto questo.
Si tratta semplicemente di inibire la produzione di testosterone nei testicoli con un processo simile a quello al quale si sottopongono coloro che intendono cambiare sesso da uomo a donna.
Il procedimento non è quindi per nulla cruento seppur di portata psicologica e sessuale enorme.
In tempi in cui si vorrebbe decidere bellamente se staccare la spina o meno ad un essere vivente, seppur in stato vegetativo, fa un po’ sorridere che ci sia tanto dibattito sulla castrazione chimica per delinquenti molto pericolosi e particolarmente recidivi tanto che, nella maggior parte dei casi, sono loro stessi a chiedere un trattamento che ponga fine ai propri impulsi sessuali incontrollati.
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