Fare Fuffa
Fare Futuro è la fondazione che fa a capo Gianfranco Fini, una sorta di serbatoio di proposte e idee che nelle migliori intenzioni dovrebbero fornire nuovo combustibile al partito. Quale partito non si sa bene, visto che Fini è sempre più lontano dalla galassia del PDL. O forse, senza che nessuno glielo abbia chiesto, hanno l’ambizione di ridisegnare una destra italiana e europeista, laica, insomma a loro dire moderna.
Nell’organigramma della organizzazione spiccano anche menti lucide e brillanti come quelle di Giancarlo Lanna e Angelo Mellone.
L’ultima intuizione della fondazione Fare Futuro è la seguente: “boicottiamo i cinepanettoni”. Anche gli intellettuali dell’illuminismo di destra ci sono arrivati, seppur con un qualche decade di ritardo. Certo, c’è l’annosa questione dei contributi statali, ma contributi o no film memorabili in Italia non se ne fanno più da un pezzo. La commedia classica all’italiana è rappresentata dai De Sica, Boldi, qualche attricetta e qualche comico televisivo raccattato dai palinsesti televisivi.
Eppure le proposte di Fare Futuro appaiono antistoriche e di un agghiacciante qualunquismo. Proprio perché concepite da una classe intellettuale che ha conosciuto sulla propria pelle i grandi fermenti culturali e straordinari momenti di aggregazione collettiva degli anni ’70, oltre a tanto odio, viscerale, manicheo, irrazionale. Un ambiente sociale che ha inevitabilmente fecondato tutte le arti, cinema compreso.
Non esistevano film disimpegnati o non-schierati: se lo erano, automaticamente venivano catalogati come qualunquisti, ergo funzionali agli incantatori di folle, ergo di destra. Questi sono i fatti, che poi la sinistra (veltroniana) sia passata da “Z, l’orgia del potere” allo sdoganamento dei film di Alvaro Vitali è un altro discorso.
Era un ambiente tetro, fatto di cineclub politicizzati, di film d’autore, schiavi del messaggio a tutti i costi. I cosiddetti film impegnati. Un ambiente al quale l’uomo della strada fuggiva atterrito per buttarsi in un film con la Fenech, ma è solo con il ragionier Fantozzi, il suo (e nostro) personalissimo Spartaco, che trovavamo il simbolo della ribellione ai film d’essai, con il celebre ed indimenticabile un urlo liberatorio: “è una cagata pazzesca”.
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