Il garantismo del cliente
Sarà capitato anche a voi di aver a che fare con dei prodotti difettosi. La mia esperienza con i servizi clienti (parolone!) non è mai stata piacevole.
Sovente gli apparecchi elettronici non funzionano: o si guastano prima del previsto, oppure mostrano dei difettucci spesso dovuti a bug del firmware. Difetti infidi, perché si manifestano senza motivazioni apparenti e quindi difficilmente riproducibili a nostro comando. E’ qui che ci si imbarca nell’odissea del servizio clienti tricolore.
Da bravo cliente conservo lo scontrino, e mi reco presso il punto vendita dove ho effettuato l’acquisto oppure presso il produttore se presente con una filiale in città. La scena è sempre desolante. Ci si presenta al bancone, ma sembra di presentarsi alla sbarra di un tribunale. Il commesso ti guarda, e tra il distratto e lo scocciato ti chiede cosa non vada. Tu depositi il gingillo elettronico e la prova d’acquisto sul bancone e sussurri che il tuo prodotto è difettoso. Cerchi di spiegare il problema alla meno peggio, mentre gli occhi dell’addetto si fanno inquisitori. In genere accende l’apparecchio, e ne riscontra il funzionamento. Garantito al limone che proprio in quel momento l’aggeggio funziona. A nulla valgono le nostre spiegazioni, ormai siamo piccoli piccoli al cospetto della perfetta catena della grande distribuzione che non ammette disfunzioni. Casi me ne sono capitati tanti, ma impresso in memoria ho sempre il caso di questo telefonino che ad intermittenza perdeva la rete senza spiegazione. Il commesso, guardando il telefonino, mi fece questa domanda: “Sa che per chiamare deve premere il tasto verde?”. Di fronte ad atteggiamenti di questo tipo non rimane che stampargli il tasto verde in fronte.
Logica vorrebbe che una persona sana di mente non perdesse il suo tempo a riportare in negozio prodotti perfettamente funzionanti solo per il gusto di rompere le scatole al prossimo. Il servizio clienti dovrebbe mettersi dalla parte del consumatore, e non farlo sentire un imputato.
Ben altra esperienza ho avuto le poche volte che mi sono rivolto alle case madri internazionali, che evidentemente ci tengono al loro buon nome. Anni fa mi si guastò una memory flash (un tipo di supporto di memoria per vecchie fotocamere digitali) della SanDisk. Per aggeggi di questo genere di certo non conservo gli scontrini. Non rimaneva che gettare il tutto nella pattumiera. Ma feci un’altra cosa. Presi una busta per lettera, ci misi dentro la memory, e spedii tutto in California al signor SanDisk. Non mi sprecai neppure a scrivere una lettera di accompagnamento, tanto la missione era disperata quanto il mio inglese. A dir la verità affrancai con un solo francobollo, di sicuro insufficiente per una spedizione intercontinentale. Più scazzato di così non si può. Fatto sta che mi dimenticai della questione. Dopo 3 o 4 mesi mi arrivò a casa un pacchettino. Incuriosito, andai a verificarne il contenuto, e ritrovai una memory nuova di zecca. La stessa esperienza mi è capitata quest’anno con una chiavetta usb della LaCie, sostituitami senza dar spiegazioni e senza prova d’acquisto.
All’estero pensano che qualche reso val bene un cliente fidelizzato. In Italia si sta sempre sul chi vive, dando per scontato che si voglia fregare il prossimo.
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