Il mondo dello spettacolo insorge

Si preanuncia un Festival di Venezia caldo, non tanto per la rassegna dei film né per il clima afoso lagunare, ma bensì per la protesta dei registi, attori, sceneggiatori e di un po’ tutti quelli che orbitano attorno al mondo dello spettacolo e, lo scrivo con molta prudenza, di chi fa cultura nel nostro paese.
In Italia è da trentanni che il cinema italiano è tenuto a galla dal FUS (fondo unico per lo spettacolo) introdotto da Craxi e che inaugurò il periodo di grandi investimenti culturali nel nostro paese.
La cifra investita dallo stato fu ingente e fu l’inizio della fine per il cinema italiano, che da allora ha prodotto giusto qualche vagito, ma ha smesso di rincorrere il pubblico; l’incasso infatti non era più strettamente necessario per decretare il successo commerciale del film o della sua distribuzione.
il cinema di genere, che ha fatto la fortuna del nostro cinema, è progressivamente scomparso dalle sale. i mestieranti, capaci di usare come unico effetto speciale buoni plot narrativi, non si sono più accontentati di fare gli artigiani ma hanno preferito fare gli artisti. L’Italia in queste tre decadi ha raggiunto l’unico primato di avere il maggior numero di festival e rassegne cinematografiche, rassegne autoreferenziali nate col solo scopo di premiarsi a vicenda. Persino l’America, autentica mecca del cinema, non ha così tante rassegne.
Certo, non è mai bello fare un taglio alle spese e la scelta del governo è impopolare, ma non si capisce perché debba fare da incudine solo il lavoratore a progetto o il metalmeccanico. La crisi proprio perché è tale tocca tutti indistintamente, anche chi produce il futile, l’intrattenimento e “l’arte”. anziché batter cassa e impegnarsi in cortei sotto la canicola estiva, tocca riscoprire l’arte dell’arrangiarsi, di cominciare a produrre film pensando anche al mercato straniero abbandonando una volta per tutte questo terribile provincialismo che ha infettato il nostro cinema. Ritorniamo a fare film con storie moderne, attuali, che sappiano colpire ed incantare le persone, scritti e diretti con l’ambizione di poter durare nel tempo, e non per essere mangiate e digerite tra una fetta di panettone e l’altra.
lo scipero, quello che ha fatto davvero male al nostro paese, è quello delle idee.
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