Il vero bipolarismo
Nei vecchi film americani, soprattutto quelli ambientati nel vecchio west, è facile assistere alla scena del duello dove lo sconfitto, quello perforato per primo dal proiettile dell’avversario prima di stramazzare al suolo, ondeggia con mezzi passi, barcolla, e poi un altro colpo ancora e un altro fino a crollare al suolo dopo interminabili secondi e con lo spettatore che resta a bocca aperta in attesa del botto definitivo.
La scena è diventata talmente famosa e stucchevole da essere spesso parodiata.
Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, esce da questa tornata referendaria come un pistolero che ha subito il secondo colpo, dopo quello delle amministrative, barcollando vistosamente.
Tutto farebbe pensare che il suo stramazzare al suolo con tanto di nuovolone di polvere sia imminente, sta di fatto che però ancora non è avvenuto e che l’ultima qualità che gli viene riconosciuta è quella di esser duro a morire.
Gli ultimi anni di chiacchiera politica ci hanno consegnato un dibattito smorto, che dai pensionati in fila alle Poste fino alle arene politiche televisive diceva pressapoco così: “non ha più senso parlare di destra e sinistra” con un aggiunta più popolare ma ugualmente percepita nei piani alti della politica, “tanto sono tutti uguali”.
Il referendum con il suo risultato clamoroso ma non inaspettato ha detto però una cosa importante, tralasciando il quesito sul Legittimo Impedimento che stuzzica lo spirito giustizialista innato negli italiani, gli altri tre quesiti hanno messo a confronto due nuovi poli contrapposti che non sono appunto “destra vs sinistra” ma “stato vs privato”.
Chi ha degli amici che simpatizzano o addirittura militano nel centrodestra ha sperimentato quanto contasse veramente poco la casacca politica di fronte ai due quesiti sull’acqua e quello sul nucleare, molti di loro infatti si sono recati alle urne per votare SI, in pieno disaccordo con le leggi varate dal governo di centrodestra e, soprattutto, nonostante sapessero bene quanto sarebbe stato strumentalizzata politicamente contro l’attuale governo la fin troppo ovvia vittoria del SI.
All’indomani del risultato referendario, dopo la sbornia di commenti su facebook e i messaggi su twitter a commento dei dati sull’affluenza mi sono chiesto: “ma cosa è che mi fa “rosicare” di più del risultato di questi referendum?”
La risposta, impensabile fino a poco tempo fa non ha nel background il faccione di Silvio Berlusconi o la pelata di Bersani che stappa lo spumante e nemmeno lo sfottìo di chi si interessa di politica come quei tifosi che vanno allo stadio solo per le risse e dicono di interessarsi di sport, ma il fatto che tre dei pochi, pochissimi, interventi legislativi nel segno della liberalizzazione e della modernità di questo governo siano stati bocciati dalla maggioranza del popolo italiano che vede più rassicurante il cappottone pesante dello Stato rispetto all’impresa individuale.
Insomma, la presa di coscienza che nel nostro paese non si potrà mai fare una rivoluzione liberale è stata la vera mazzata. Nell’elettorato di centrodestra sono tantissimi coloro che sono affezionati a prescindere ad una visione statalista della vita dei cittadini.
Affermare che l’ostacolo ad uno scatto in avanti in senso liberale sia Berlusconi fa un po’ ridere perché sappiamo bene che in fondo gli italiani pur vessati dalle tasse, pur sperimentando servizi inefficienti, tubature colabrodo, gestioni clientelari e corruzione diffusa nelle imprese pubbliche continuano a preferirle il pubblico al privato che ci sia o meno il Cavaliere sullo scranno più alto del governo.
In nome di un fantomatico “bene pubblico che non è in vendita”, al seguito di un telepredicatore molleggiato e ormai delirante che dispensa cancri manco fossero mentine quando parla del nucleare e di una sinistra tutt’altro che progressista, l’impressione è che il Paese sia sempre lo stesso, non sia cambiato affatto, ed è forse la vera e propria sconfitta del Cavaliere.
In molti si stanno sedendo sulle rive del fiume in attesa di veder passare il cadavere del premier, anche coloro che fino a poco tempo fa si sono riparati sotto il suo mantello, solo che per ora devono accontentarsi di veder passare la salma della “rivoluzione liberale”.
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