Juventini, figli illegittimi di Davide
Come tutti sanno gli ebrei sono il popolo eletto, la stirpe di Davide dalla dure cervice destinata alla diaspora e condannata all’odio cieco dei vicini, costretta a scappare dalle vessazioni ed a inseguire l’avvento del Messia. vittime di persecuzioni sistematiche e sanguinose, sono sempre stati l’oggetto di un odio atavico che ha saputo unire popoli diversissimi fra di loro. la loro unicità non è consistita nel rapporto privilegiato verso Dio, ma da una serie di invidiee malignità senza precedenti, frutto del luogo comune e alimentati da dicerie e da documenti falsi come i protocolli dei Savi di Sion. L’olocausto e la follia che l’ha accompagnato è stato il punto di non ritorno, una vergogna per l’umanità intera, risarcita con un francobollo di terra tra le terre dei padri, una terra si promessa ma che ha portato ulteriori divisioni e conflitti, quasi non fosse concesso loro il permesso di esistere. In Italia si è molto prudenti nel cercare di non scontentare nessuno, sostenendo da una parte la piena legittimità dello stato di Israele e lanciando coccole e carezze alla Palestina.
Gli Ebrei nel loro piccolo non sono soli, ma hanno dei figli illegittimi, non figli di Davide ma figli dell’avvocato Agnelli. Sono gli juventini, che vivono nel nostro paese così simili a noi eppure così diversi.
Numerosi e in crescita come ratti rifuggono dalle discussioni calcistiche. Quelli invitati nelle trasmissioni televisive, per cercare di salvaguardare una posticcia par condicio, sono perlopiù mansueti ed accomodanti, attenti a non turbare le minoranze calcistiche e a fornire continuo spunto alle invettive.
Sono guardati sempre con diffidenza, anche chi non segue il calcio non li sopporta ed hanno sempre qualcosa da farsi perdonare. Insomma c’è sempre qualcosa di diverso tra loro e gli altri tifosi, contro gli juventini c’è un odio che va molto oltre quello sportivo.
Io credo che dipenda dal fatto che non sono uniformati alla massa: sono diversi. Gente che non soffre come loro, che dovrebbe essere come loro, ma non lo è. Quindi sono passibili di calunnie, insinuazioni, battutine, tutte condite da una malignità di fondo.
Viviamo in una società che inneggia all’individuo e all’individualismo (almeno per quanto riguarda i messaggi commerciali), ma siamo circondati da gente che ragiona da schiavo e combatte ferocemente chi non è allineato a loro.
Anche i media, o meglio il Giornalista Collettivo, alimenta il mostro con toni foschi e cupi. Le facce stravolte dall’odio che urlano contro immagini al rallentatore non sono poi così diverse da quelle che agivano con furia metodica a Dachau e ad Auschwitz.
Quell’argine sottile fatto di rispetto si è sgretolato sotto i colpi dei barbari; ed è l’imbarbarimento, la recrudescenza oramai permanente di atteggiamenti culturali e psicologici, nonché di comportamenti sociali, molto ma molto diffusi nella società italiana che vanno sotto un comune denominatore: l’intolleranza della diversità .
La nostra società tollera con grande difficoltà il “diverso”, colui che rispetto a noi esprime diversità . E’ inutile nascondersi dietro un dito: la gran parte della popolazione non tollera chi esprime diversità sia essa di carattere politico, culturale, razziale, religioso, artistico e ora, come non mai, anche sportivo. La nostra stessa quotidinianità è fatta di forti scontri di punti di vista e conflitti tra diversità , ma ciò che dovrebbe essere una naturale dinamica fra le diversità volta al loro superamento finisce per l’essere la dinamica malata della negazione e della soppressione del diverso da noi.
Questo fenomeno è più appariscente nel calcio, poiché questo diffusissimo sport popolare a forti valenze sociali, culturali e psicologiche è una zona franca in cui la normazione giuridica ed etica non è riuscita a penetrare ed affermarsi. Anzi, il calcio, con la sua grande carica simbolica e metaforica, diventa il luogo eletto della sublimazione dell’aggressività sociale ove così trova modo di esprimersi.
E quindi chi meglio degli juventini può catalizzare questa naturale avversione?. Alla loro antica diversità fatta di anni di trionfi e di supremazia calcistica, “la inattaccabile squadra dei potenti e della FIAT”, se ne aggiunta una nuova. E’ quella razziale legata all’immagine di una identità criminosa moralmente inaccettabile quindi intollerabile. Si era pensato di porre fine alla juventinitudine con Calciopoli, con il suo processo sommario, in cui invece di essere puniti legittimamente i presunti autori di reati sono stati puniti milioni di tifosi. La presunta colpa giuridica di alcuni è diventata la colpa di dodici milioni di cittadini. Questi portano con loro lo stigma della diversità immorale decretata da un processo balordo e medievale. L’odio per gli juventini non è scomparso con la sentenza e con l’espiazione della pena, ma si è accresciuto con essa.
I tifosi bianconeri sono stati ulteriormente stigmatizzati e demonizzati. Oltre a rappresentare il passato di vittorie, fonte di frustrazione e di depressione per tutte le altre tifoserie, rappresentano intrinsecamente anche il male in sé, ciò che pregiudizialmente è diverso da noi e che quindi non deve essere e come tale deve essere negato e fatto sparire.
L’atto di inciviltà di tre anni fa, il processo alla Juventus, sta dando gli esiti naturali: conflittualità , intolleranza e persino morte. Quello è stato un processo culturale, antropologico e psicologico contro una “diversità ”, la juventinitudine, che una popolazione diseducata al pluralismo non è riuscita e non riesce a tollerare.
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