La difficoltà del non essere
Che il dibattito politico in Italia sia incancrenito sulla figura di Silvio Berlusconi è sotto gli occhi di tutti, ed il fatto stesso che non si possa fare a meno di citarlo almeno un volta al giorno anche qui su Moschebianche ne è una piccolissima riprova. Questo articolo non sfugge alla regola. Ma vorrei esporre quel disagio che credo accomuni non poche persone, quelle che ormai non si schierano più con Berlusconi nella sua ultima era politica (ma non si vergognano d’esser stati berlusconiani della prima ora, quella della fascinazione) ma non per questo s’avvicinano all’altra parte politica. Queste persone, stufe del protagonismo Berlusconiano e delle sue insanabili storture, sono viste un po’ come dei traditori della causa – seppur sottovoce. Persino peggio di chi inveisce da 15 anni contro il mafionano con toni aspri e fortissimi, ma dai quali sai già cosa aspettarti. In genere chi è arrivato a questa conclusione non fa tanto baccano, semplicemente si rifugia nel non voto o peggio nel disinteresse, aspettando che qualcosa di nuovo accada. E quel qualcosa non può che essere la caduta, definitiva e fragorosa, di Berlusconi – perchè al farsi da parte Silvio non ci pensa lontanamente. La mia critica si tramuta in piccolo timore se si pensa alla situazione della destra a tanti anni dalla famosa discesa in campo. Il partito di plastica, fortemente imperniato su una leadership forte e carismatica, con poco radicamento sul territorio ma grandi investimenti sull’aspetto mediatico della campagna elettorale, le trovate all’americana, gli slogan ad effetto, tutto era giustificato dal dover organizzare una struttura dal nulla e portarla a vincere le elezioni nel giro di 6 mesi. Ma dopo? Forza Italia è continuato ad essere un non-partito fedele a se stesso, con il clamoroso risvolto di fagocitare anche quei partiti che della propria storia e del rapporto con la gente al di fuori del tubo catodico ne facevano un tradizionale punto d’orgoglio. Mi riferisco ovviamente ad An, quando le riunioni di partito non si chiamavano convention e le sedi non si chiamavano club. Come sappiamo, Fini è confluito nel PDL con grandi mugugni dei suoi e credo con grandi rimorsi dello stesso vista la forzaitalianizzazione del partito e dei suoi ex colonnelli. Probabilmente il tempo è scaduto, e non c’è più margine per vedere una destra presentabile e parlamentare. Non rimane che esser Berlusconiani oppure sedersi ed aspettare. Ed il timore è presto svelato: vista la penuria di elementi di spicco che non vivano attaccati alla pancia della grande balena di Arcore reggendo il mantello del capo, può benissimo essere che Berlusconi finirà ma il Berlusconesimo sopravvivrà per chissà quanto ancora ben protetto dalla membrana cellulare del Popolo della Libertà.
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