La neve se ne frega

La neve se ne frega

LA NEVE SE NE FREGA

di Luciano Ligabue

Perchè il Liga?

E’ questo l’iniziale nodo da sciogliere. Sapendo di questa mia lettura, in tanti mi hanno chiesto come mai perdessi tempo dietro al rocker di Correggio. La risposta istintiva è stata che dopotutto il libro era pesantemente scontato, il che suona come una excusatio non petita. In realtà la risposta corretta è: si giudica dopo aver letto. E poi m’incuriosiva non cadere nella tentazione di catalogare le persone in compartimenti stagni, ossia se uno scrive canzoni (che poi vengono usate come jingle pubblicitari) farà automaticamente schifo come romanziere. Secondo questa logica la metamorfosi di Faletti appare ancora più improbabile di quella del Liga. Anche se, ad onor del vero, in pochi sono riusciti a fare due cose ben fatte nella stessa vita.

Sopravvissuti e sopravviventi

Il libro comincia con due decaloghi: prima i diritti e poi i doveri dei partecipanti al Piano Vidor. Quindi bastano una trentina di righe per capire che il punto di forza non sta nell’originalità. Sulla società del futuro, tendente alla perfezione ma anche sotto la morsa di un regime tecnologico-totalitario, si è già scritto e visto molto da Orwell in poi. Il Liga non fa altro che riproporre il canovaccio collaudato delle telecamere in ogni casa, della censura preventiva, dell’istruzione e della cultura irregimentate, il tutto riaggiornato alle nostre attuali conoscenze e senza particolari slanci di fantasia su come potrà essere il 2175 (niente che non si sia già visto al cinema). Di suo il Liga prova a metterci la peculiarità di nascere già vecchi per poi ringiovanire col tempo come Benjamin Button, questo prima di David Fincher ma 80 anni dopo Francis Scott Fitzgerald.

Tralasciando l’originalità, la favoletta di Ligabue scorre via liscia senza annoiare e con la sua morale già scritta. Tratta a modo suo il tema dell’aborto, indicando la maternità come vera ragione di vita della razza umana. Magari ci avrebbe potuto risparmiare qualche giovanilismo di troppo nel parlato dei personaggi, che muovendosi nel futuro dialogano come i ragazzini di 150 anni addietro. Esattamente il pubblico che riempie gli stadi ad ogni apparizione del Lucianone. Poteva anche evitare qualche scivolata come il riferimento ai campionati di calcio truccati, che non serve a caratterizzare la storia ma solo il suo autore (siamo alla vigilia di calciopoli, ed il nostro è notoriamente un interista doc).

Un libro passatempo di cui non mi pento della lettura, ma nel quale ritroviamo il canzoniere che conosciamo e non certo un romanziere scafato. Manca soprattutto l’angoscia e l’atmosfera di oppressione che dovrebbe attanagliare un libro del genere ed il suo lettore.
Qualcuno doveva aver calunniato Josef K. perchè, senza che avesse fatto nulla di male, una bella mattina lo arrestarono.
Basta la prima riga del Processo kafkiano per inquietare più di tutto il nevischio del Liga. Per questo dovrò bussare alla porta del capostipite George Orwell, e 1984 già scalpita sul comodino. Quando ancora il Grande Fratello era una cosa seria.

Editore: Feltrinelli

Collana: Universale economica

Pagine: 234 in brossura

Anno: 2005

Prezzo di copertina: euro 8,00

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