La saletta che non c’è più

La saletta che non c’è più

Il ricordo non è nitido, ha i bordi sfumati, ma chiaro nel contesto: il suono della campanella, un fiume in piena di bambini che sgomita con la cartella sulle spalle per raggiungere il cancello di uscita e lì di fronte, con l’interno un po’ buio e la serranda semi abbassata, l’ingresso del paradiso per i ragazzi e la porta dell’inferno per i genitori: “guai a te se vai nella sala giochi di fronte, quando esci dritto a casa”. La “saletta”, luogo di mille leggende positive e negative.
Bacino di pescaggio per i malintenzionati che volevano adescare i bambini (ed eravamo in periodi ben lontani dalle cronache attuali) e luogo dove ci si poteva misurare contro i compagni a schiaffeggiare un flipper o torturare un pulsantone rosso nella console di un videogame arcade.
Altri tempi, altre atmosfere quando la scritta principe era “insert coin” e i pixel si vedevano tutti, con i loro contorni, sugli schermi bombati che si affacciavano dai mobili graffiati in legno.
Allora c’erano i gettoni che si cambiavano dall’esercente, quelli con le scanalature al centro, quelli che venivano inghiottiti dal flipper e mai più risputati, il lasciapassare per il parco del divertimento.
Poi vennero i personal computer e si giocava in casa, dopo ancora la console che si collegavano alla tv fino a quelle attuali con una tecnologia talmente avanzata da relegare nell’ambito dell’archeologia quei giochi di appena vent’anni fa.
Ma il fascino rispetto a quelli non è lo stesso, perlomeno per chi li ha conosciuti da ragazzo.
Al giorno d’oggi esistono ancora i flipper e qualche videogame che ha recepito le nuove specifiche tecnologiche del nostro tempo con schermi piatti, audio surround e grafica da videogioco domestico.
Gli unici baluardi dei tempi che furono sono rimasti i flipper, arricchiti al massimo di qualche led luminoso all’ultima moda ma con la stessa vecchia e affascinante dinamica di gioco e i calciobalilla che fanno ancora la loro parte soprattutto in campeggi e oratori.
I flipper però sono destinati pian piano a scomparire per via della manutenzione che richiedono e dell’appeal sempre in diminuzione tra i più giovani. Sono destinati ormai a rimanere vivi solo nelle collezioni di tanti appassionati che non si arrendono all’inesorabile passaggio dei tempi e nei ricordi di chi su quel mobiletto multicolor con il vetro trasparente hanno sperimentato il brivido di marinare la scuola.

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