L’Era del cinghiale rosso
Franco Battiato è un grande artista. Anche un sordo non può che riconoscere che nella sua discografia vi siano almeno due o tre capolavori indiscussi. Musica alta, colta, perfino barocca ed arzigogolata, nei casi peggiori semplicemente pretenziosa. La collaborazione con Sgalabro ha prodotto canzoni belle ed altre meno riuscite. Capita anche ai grandi.
Tuttavia il Maestro si trovava a cantare il suo disappunto in Povera Patria, parlando e cantando chiaro, senza farsi seppellire dal citazionismo colto a tutti i costi. la politica nelle sue canzoni era presente, mai in maniera predominante, sapendo guardare oltre gli steccati.
Nel 2003 cantò alla festa del tricolore per Alleanza Nazionale, giustificandosi così: “Per anni mi ero rifiutato di andare, ma a un certo punto ho accettato: mi sono detto che il mio era un pregiudizio, perché in fondo quando sono sul palco canto per chiunque e non so per chi vota chi ho davanti, non so se ha la fedina penale pulita.”
Bravo Maestro, questo è parlare. Qualcuno al solito prova ad infilargli la maglietta del cantore di destra, ma lui la rifiuta perché non vuole bandiere, ribadendo che “un artista canta per chiunque“
Non tutti la presero bene, Enzo di Mauro sul Manifesto lo scarnificò: “[…] si spinga al punto di farsi latore e artefice di un trionfale concerto di chiusura della «festa tricolore» organizzata a Milano da Alleanza nazionale – si può dire dallo stesso palco dal quale avevano parlato Fini e La Russa – con ogni probabilità una simile scelta sarebbe troppo persino per un monaco tibetano dopo un mese di assoluto digiuno. Battiato, oltre ogni possibile travestimento o artistica (e legittima) impostura, è rimasto da sempre un astuto dadaista . Ma può un dadaista, ancorché astuto, rimanere indifferente tutto tranne che al proprio cachet da supporre profumatissimo come un giardino arabo?“
Ed ora veniamo alla recente intervista rilasciata dal Maestro con Travaglio, nel quale egli stesso si sente un po’ come un Travaglio, solo un po’ più bastardo. Fa sensazione leggerlo e nel parlare di temi così popolare, e nel buttarsi nell’antiberlusconismo isterico e di pancia, lui sempre così serafico e impegnato in temi più alti. Dichiarazioni che ti aspetteresti da un cantautore all’amatriciana come Venditti, un Baglioni o da una sempre impegnata Fiorella Mannoia, non certo dal nostro.
Che Franco Battiato, il Maestro, non sia sotto sotto un po’ paraculo come ipotizzava tra le righe lo stesso Di Mauro nel 2003, alla luce dell’inopportuna scappatella sotto la fiamma tricolore?. Che il centro di gravità permanente non stia ideologicamente al centro poco importa all’ascoltatore, che non può erigere o abbattere i propri idoli canori a seconda della sua appartenenza politica, come se questa potesse prevalere al lato artistico, od in alcuni casi (in quelli mediocri) sostituirsi ad essa.
Tuttavia dispiace sentire Battiato quasi rallegrarsi di perdere un certo tipo di pubblico di destra se non proprio Berlusconiano “Mi farebbe un gran piacere. Se invece uno che non mi piace viene a dirmi di essere un mio fan, sinceramente mi dispiace” sconfessando apertamente ciò che affermò appena sette anni fa, ma soprattutto mancando di rispetto ad una parte del pubblico che ha contribuito a fare la sua fortuna. Franco Battiato è liberissimo di fare l’Apicella di Travaglio, ma lo avrebbe dovuto dovuto dire a chiare lettere da subito, non svegliandosi improvvisamente dal torpore per recuperare una parte di pubblico che forse e di critica che forse credeva persa. Perché chi va a puttane e chi fa la puttana sono sullo stesso piano morale, sia che faccia il politico e sia che faccia l’artista.
Ma un artista non aveva il dovere di cantare per chiunque?, o vale solo quando si ha il frigo vuoto?
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