L’errore che costa la vita

L’errore che costa la vita

In questi giorni una spinosa vicenda tiene banco nei freddi obitori degli ospedali, interessando i tanti Dottor House tricolori: é allo studio la proposta di depenalizzare l’errore tecnico del medico, ferma restando l’imperizia e la negligenza. Il primo dato di fatto, incontestabile, è che i pazienti italiani (o i loro parenti) sono tra i più rissosi del mondo. Un continuo flusso di denunce che però si risolve per 9 volte su 10 in un nulla di fatto, intasando di cause i tribunali e costituendo un cospicuo salasso per le casse dello Stato. Evidentemente non ci si rende conto che la medicina mantiene sempre quell’aspetto artigiano in cui è contemplato anche l’errore umano, una diagnosi sbagliata, la complicazione imprevista. Altra motivazione addotta a difesa dei medici è che ormai la tecnologia e l’organizzazione della medicina moderna riducono di molto la discrezionalità del medico, e il più delle volte l’errore non va considerato come responsabilità di una singola persona ma piuttosto come un errore di sistema che non può ricadere sulle spalle del singolo. Ed infine, il giudizio del medico può essere condizionato da questa spada di Damocle che pende sulla propria testa e sulle proprie decisioni creando ansia ed un inquinamento delle proprie capacità. Le associazioni dei pazienti non vogliono sentir parlare di deresponsabilizzazione sostenendo che ci deve sempre essere un responsabile contro cui poter puntare il dito, altrimenti i pazienti diventerebbero carne da macello alla mercè del primo incompetente che passa per una sala operatoria. Oltretutto il diritto alla salute ed il diritto alla vita sono i principi costituzionali più importanti che si rifanno direttamente ai diritti universali dell’uomo, quindi necessitano di una tutela profonda.

Non è facile prendere una posizione, perché entrambe le tesi hanno diritto di cittadinanza. Capisco che vivere la professione in un continuo fiato sospeso non è bello, e qualsiasi mestiere ha quella soglia entro il quale non si deve rispondere del proprio operato altrimenti la propria azione sarebbe paralizzata dal timore di sbagliare causando inefficienza ed eccessiva prudenza mentre “errare humanum est”, come già dicevano i latini. Questa soglia, non stabilita per legge, viene oramai individuata dalla giurisprudenza nella colpa lieve, che si rispecchia nel semplice concetto che solo chi lavora sbaglia mentre il fannullone di sicuro non può sbagliare; mentre è punita la colpa grave ed il dolo. Da qui il 90% delle cause giudiziarie che cadono nel vuoto. Ma capisco anche il paziente che si vede sbagliare l’operazione (o magari ci rimette le penne) e vuole che sia rispettato il proverbio “chi sbaglia paga”.  Il ruolo del medico è delicatissimo: esperienza, istinto, talento contano tanto quanto  un titolo di studio. Ma perchè creare disparità tra lui e un ingegnere che progetta un palazzo che poi cade in testa alla gente?

1 commento

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Lapo Pelosini

beh per quanto riguarda l’ingegnere, spesso l’errore è , tra virgolette, facilmente intuibile,e non è detto che sia colpa dell’ingegnere, anzi. Difficile che un errore di progettazione arrivi ad essere “costruito”, perchè dalla progettazione alla costruzione ci sono vari passaggi e controlli che coinvolgono soggetti ed istituzioni diverse. Questo ovviamente escludendo il dolo , ma in questo caso difficilmente la colpa è dell’ingegnere quanto di chi costruisce.

Per quanto riguarda il medico, a tutte le considerazioni va aggiunta, alla fine, anche l’insondabilità del corpo umano. Una persona più guarire o meno anche a seconda di tutta una serie di fattori (forza di carattere, predisposizioni genetiche etc.) che difficilmente possono essere tabellati e normati.

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