Ora o mai più
Per il governo di centrodestra è giunto il momento di lasciare il segno per giustificare la legislatura e, si potrebbe dire meglio, l’era del Berlusconi politico. Insomma è il momento di lasciare un buon ricordo di sé.
Chi ha modo di frequentare da principiante gli argomenti della politica si rende conto che l’elettore di centrodestra che ancora resiste alla sequela del Cavaliere dopo i vari sfrondamenti, non ultimo quello dei Finiani, ora vuole qualcosa indietro.
L’elettore di centrodestra di norma non ama sbandierare i propri gusti politici, raramente si concede a manifestazioni pubbliche o ha voglia di farsi trascinare in forum di discussione ma quella che da una parte è una discrezione che spiazza gli opinionisti e i giornali dando risultati soprendenti alle urne, dall’altra è la stessa discrezione che quatto quatto porta ad abbandonare una politica che non convince.
Dando per scontato una cosa che scontata in realtà non è, ma che nella coscienza degli elettori sta maturando e cioè che alle prossime elezioni non è accettabile che si presenti ancora Berlusconi come candidato premier, rimane l’esigenza di dare compimento al programma elettorale presentato alle ultime elezioni.
Non è più umanamente accettabile che si paralizzino le due camere del Parlamento dietro a provvedimenti come quello delle intercettazioni ad esempio, che se è strumentalizzato a fini politici da entrambe le parti per diversi motivi e sicuramente non è capito fino in fondo dai cittadini che, dati alla mano, continuano ad utilizzare con tranquillità i propri telefoni e si preoccupano semmai più del fatto che i figli sono disoccupati o che per chiedere un mutuo devono mettere a garanzia persino la pensione del nonno.
Non basterà mettere una tassa sullo stipendio dei politici per far dimenticare la mancata abolizione delle provincie, vero carrozzone mangiasoldi e non basterà istituire poste elettroniche certificate per attenuare la contrarietà sul mancato sostegno finanziario alla diffusione della banda larga.
Non si può lasciare agli italiani il ricordo che l’ultima cosa di destra l’ha tentata Bersani con la “lenzuolata” sulle liberalizzazioni.
E’ vero è un periodo difficile, di crisi per tutta l’Europa, ma comincia a non bastare più nemmeno l’idea che noi siamo in condizioni “meno peggiori” di quelle degli altri paesi perché a differenza degli altri noi siamo sempre stati indietro dal punto di vista della crescita economica. E’ come dire che in Sardegna la crisi in campo occupazionale si sente meno perché i sardi sono abituati ad essere disoccupati perché è vero ma non certo costituisce consolazione.
La Lega Nord, quella di “Roma ladrona”, quella della caccia al “terrone” sta aprendo le sue sedi anche nel profondo sud e non sono in pochi coloro che nel meridione cominciano a dire “beh, se avessi potuto, avrei votato Lega…”.
Autolesionisti? Provocatori? O forse affascinati da una politica legata al territorio che mantiene ciò che promette? Affascinati da un modo di formare la classe dirigente giovane senza troppe concessioni ai salotti romani e alla politica del compromesso?
I famosi tre anni per fare le riforme sono già diventati due anni e 10 mesi e nulla sembra cambiato. La fedeltà al premier non può essere messa troppo alla prova, significherebbe considerare il proprio “popolo” incapace di spirito critico e sarebbe un errore imperdonabile oltre che lo stesso tipo di ragionamento che fa da parte opposta certa sinistra radical chic.
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