Pugni, bulli e convocazioni
Chissà se Lippi dopo la partita contro il Cipro pensava al volto tumefatto del figlio illuminato dalla luce stroboscopica pulsante e malata. Il volto terreo del nostro selezionatore era forse indurito non dai cori di scherno, lanciati proditoriamente dall’abbruttito popolo del pallone, o piuttosto dalla gazzarra che vide coinvolti il frutto del suo seme fattosi carne con il delinquente di Bari Vecchia? Non sta a noi ergerci a supremo giudice di questa torbida faccenda, né tantomeno fare come le tre scimmiette intente a tapparsi occhi bocca e orecchie; tuttavia il fenomeno del bullismo, tanto avversato dalla nostra gravida ministra Uno Due Tre Maria Stella, non è solo confinato tra vetuste periferie post industriali, tra grasse pantegane, influenza suina e cancerogeni prefabbricati d’amianto, ma pulsa nelle viscere del sistema calcio che sin dalla fine del ‘800 si abbevera nella violenza belluina dei polverosi campi universitari della terra d’Albione.
Come quando dalla Freemason Tavern il grande tumore in metastasi della violenza venne arginato da quei coraggiosi demiurghi che dal caos seppero scrivere le regole: da una parte i buoni (la Football Association), dall’altra i brutti ceffi del rugby che oggi profanano la Scala del Calcio, e come maiali grufolanti inseguono un pallone ovale che in origine era solamente l’intestino crasso di un animale a sangue caldo.
La scazzottata di Cassano fa ripiombare il calcio all’epoca buia, quando era solo grezza energia cinetica e stille di acro sudore, quando era una mischia disordinata tra giovanotti del college. Nonostante questo gretto episodio ai limiti del far west, Lippi non può mescere il proprio ruolo pubblico con l’astio che cova nell’animo per l’oltraggio all’amato figlio, come buon padre di famiglia deve saper alternare il maschio ceffone alla bonaria reprimenda.
Il nodo gordiano, se tagliato con un possente colpo di spada, può sciogliere gli equivoci che hanno intrappolato una nazione calcistica, impedendogli fin’ora di crescere. Nel calcio nulla s’inventa tutto si trasforma. Tutto scorre in un immaginario nastro di Moebius, quello che era il passato ora è il presente. Dunque gli errori irrisolti non muoiono con noi, ma si ripresentano ai nuovi commissari tecnici.
Fritzvaldt & Giannantoni(collaboratore)
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