Qualcuno deve pur difenderlo
Ebbene sì, parliamo del mostro sbattuto in prima pagina. Il colpevole è stato preso, il processo ormai è una formalità. Lo stupratore di Roma ha un nome, un cognome e una faccia ormai diventata patrimonio del popolo italiano, pronto a sostituire Joe Codino, Pietro Pacciani o Donato Bilancia come archetipo dell’Uomo Nero.
E’ sinceramente imbarazzante come i diritti degli imputati siano applicati a corrente alternata. Bianchini, come qualsiasi imputato, ha diritto ad un processo equo ed imparziale. Ci sarebbe da chiedersi perchè chieda di rimanere in carcere per evitare il linciaggio. Anche se, per la cosiddetta “giustizia del carcere”, Bianchini rischia di essere preventivamente colpito da una legge del taglione che non si augurerebbe al peggior nemico.
Obiettivamente non si può avere simpatia per uno stupratore seriale. Ma se, e sottolineo se, alla fine si scoprisse che Bianchini è innocente? Chi lo ripagherà del periodo trascorso da “mostro”, e delle violenze, speriamo solo psicologiche, subite?
E’ giusto che l’informazione, mascherandosi dietro a formule da leguleio come “presunto” stupratore, sbatta il mostro o presunto tale in prima pagina?
Troppo spesso il tanto sbandierato “diritto di cronaca” è una foglia di fico che sfacciatamente trascura qualsiasi straccio di dignità. In nome della morbosità vengono tralasciati i più elementari diritti degli imputati.
Da anni in Italia si è assistito alla palese abolizione del segreto d’ufficio. La violazione di tale segreto è ormai equiparata, nell’immaginario nazionale, più o meno ad una multa per divieto di sosta o un parcheggio sulle strisce pedonali.
Non è (ancora) il caso di Bianchini, ma il modo in cui viene trattato il caso dimostra che, alle fasi processuali abituali, da tempo se ne è aggiunta un’altra: una sovraesposizione mediatica preprocessuale che, per forza di cose, non può non influenzare chi deve decidere del suo destino.
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