Si può amare il mostro?

Si può amare il mostro?

Che la maschera del cattivo possa esercitare fascino tanto da ammaliare ne siamo ben cosci. Non è nuovo il fenomeno di lunghi scambi epistolari con serial killer, rapinatori spietati, stupratori, bestie che per la propria condotta sono state emarginate dal branco degli uomini per non poter più nuocere. Donne e uomini scrivono loro lettere, spesso accorate, come se fosse un modo per sfuggire alla loro quotidianità e piattezza, una fuga dalla realtà dove in fondo essere “la moglie di” o “il marito di” è pur sempre preferibile che essere se stessi.

Ma nel caso della giornalista Donatella Papi, con un curriculum professionale degno di rispetto, intenzionata a sposare Angelo Izzo, uno degli autori della strage del Circeo, vale lo stesso discorso?. La Papi infatti va oltre, non si accontenta di sposare un assassino le cui gesta hanno segnato la cronaca nera italiana, ma vuole persino riabilitarne l’immagine e proclamarne l’innocenza nonostante l’evidenza dei fatti. Dichiarazioni irresponsabili e gravissime che riaprono la ferita ai parenti delle vittime brutalizzate ed uccise da Izzo. Una deriva grottesca che nemmeno Pasolini aveva previsto all’epoca, quando la strage del Circeo venne dipinta come il risultato finale di una lotta di classi sociali. La strage era anche quello, il mondo criminale dove si muoveva Izzo era spietato, e lui e gli altri due aguzzini della Roma bene non mostrarono nessun cedimento durante la mattanza.
In trent’anni molti hanno creduto alla riabilitazione di Izzo, il sorriso sempre a fior di bocca e gli occhi spalancati, che parevano galleggiare in quel volto tondeggiante frutto di una disfunzione tiroidea, comunicavano pacatezza, modi affabili e gentili. Quando Izzo parlava al passato però non tradiva vergogna apparente, solo un senso di distacco. Quando nel 2005, su libertà vigilata, Angelo Izzo uccise una donna e una bambina di 14 anni, si ricostruì una seconda famiglia legata dal crimine e dagli affetti proprio come ai tempi del ’75. Il mostro aveva ancora una volta tolto la maschera. “mi sentivo oppresso, ricattato dalle due donne. E ricattare una persona dal passato come il mio non è stata una cosa molto intelligente”, questo dichiarerà Izzo al pubblico ministero, sempre con quel suo sorriso strafottente.
Donatella Papi non è stata l’unica ad essere ingannata, il suo disperato cercare una fiammella di umanità in Izzo l’ha portata molto probabilmente a farsi plagiare come Luca Palaia, complice del duplice delitto del 2005 e condannato a 24 anni.
Ma come Izzo anche Donatella Papi ha perso il senso della realtà nel proclamare l’innocenza del suo “amato”, anche lei così psicologicamente fragile è finita nella tela del ragno. Un incubo dal quale una donna trentaquatto anni fa riuscì a risvegliarsi solo dal portabagagli

2 comments

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Lapo Pelosini

uno schifo

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Damiano

Il nostro è un Paese che storicamente se ne sbatte le tasche delle vittime ed è attratto morbosamente dai carnefici

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