Sta arrivando il Natale
Da cosa ti accorgi che si avvicina il Natale?
Il Natale si avvicina quando i tuoi figli cominciano con le maestre a fare il lavoretto manuale da portare a casa? No. Sta arrivando il Natale perché il comune comincia a montare le luminarie? No, con la crisi che c’è il comune si guarda bene dallo spendere quattrini in lampadine colorate. Arriva il Natale perché al catechismo il bambino comincia a preparare la corona d’Avvento? Ma nemmeno per idea! Potrebbe offendere i musulmani all’ascolto.
E allora da cosa si capisce che la festa più amata dai piccini è ormai alle porte?
Innanzitutto si capisce dagli spot televisivi. Lo spot strappalacrime del panettone con tutti i bambini bellissimi, biondissimi con gli occhi azzurrissimi, con le gote arrossatissime e le voci dolcissime che intonano le canzoncine che scaldano il cuore.
La vocina che squittisce ripetendo ossessivamente “tomorrow” a scopo di venderti un plasma e un pacchetto per la pay tv poi è di una poesia che commuove.
Sull’altro versante c’è lo tsunami dei profumi, tutte le fragranze di Dolce e le fragranze di Gabbana, uomini oleosi e donne eteree con le grazie di fuori che svolazzano sui campi in fiore. Se poi si fa l’errore grossolano di fare zapping nei canali della tv commerciale, in orario pomeridiano si assiste ad un fiume di dissenteria ludica con giocattoli di tutti i tipi.
Un tempo il Natale era più bello, perché vedevi ai bordi delle strade il castagnaro con le fiamme accese e le caldarroste in bella mostra, ora i venditori di caldarroste a bordo strada ci sono da fine settembre, le castagne sembrano panettoni dell’anno prima e hanno il lettore di bancomat e carta di credito sul tavolino visti i prezzi.
Un tempo il Babbo Natale ti aspettava sull’uscio del grande magazzino, adesso il vecchio canuto vestito di rosso lo vedi appeso ai balconi, che fa l’equilibrista sui cavi della rete elettrica o robotizzato che balla la Lambada.
Un tempo lo spot di Natale per eccezione era quello della Coca Cola, con le persone sedute a forma di albero di Natale nel costone della montagna con gli accendini in mano, ora è quello della wii con gente che sembra fuori di testa e fa pose yoga su una pedana in plastica davanti alla tv.
Non voglio fomentare l’esercito già ben nutrito di quelli del “si stava meglio quando si stava peggio” o della lacrimuccia per i tempi che furono, quando nel caminetto potevi lanciare le bucce del mandarancio mentre ora si infrangerebbero nel vetro dello sportello della stufa a pellet, ma è solo una presa di coscienza di come cambiano i tempi, magari non sempre in negativo, perlomeno fino a quando non si avrà paura di dire Buon Natale per non offendere la multiculturalità vera o presunta del nostro Paese.
Fino a quando si potrà dire con leggerezza e anche un po’ di sano “siammotuttippiùbbuoni” la frase Buon Natale e non “Felici Feste Invernali” si può ancora gioire, seppur con molta fantasia.
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