Stranamore
Triste destino questo nostro italiano, o meglio, degli italiani. Come scrisse quel grande conservatore illuminato di Giovanni Giolitti, “nella politica italiana è impossibile scegliere tra il bene e il male, ma bensì tra due mali diversi, bisogna solo sforzarzi di capire quale sia il male minore”. Questi nostri difetti popolari, che poi vanno a infettare le classi dirigenti, ci fanno spesso e volentieri domandare se non meritiamo una classe politica migliore di quella attuale. E questa domanda, è dal 1861 che rindonda nelle nostre teste. Sicuramente meritavamo una classe dirigente migliore di quella che fece l’unità d’Italia con fendenti di pugnali e colpi di baionette. Meritavamo una classe dirigente migliore di quella che il 24 maggio 1915 inviò al confine austriaco le nostre divisioni che nel fango alpino dopo tre anni di guerra causarono oltre due milioni di luttuosi eventi . Meritavamo una classe dirigente migliore di quella che il 20 giugno 1940 fece entrare l’Italia nella seconda guerra mondiale pur conoscendo la nostra impreparazione militare e morale già prima dello scoppio del conflitto. Meritavamo qualcosa di meglio di una democrazia immediatamente degenerata in partitocrazia, cioe’ in un sistema di mafie. Cosa c’è nel nostro sangue, che provoca il degrado di qualsiasi regime, di destra o di sinistra che sia, ispirandocene regolarmente il disgusto, senza mai darci la forza di cambiarlo, ma solo la speranza che altri vengano a liberarcene? Perché è stata questa la nostra storia e sarà anche il nostro futuro? Non venitemi per carità a dire che è stato stato il popolo italiano a scacciare il fascismo per mezzo partigiano. Senza la megalomania che solo un provinciale come Mussolini poteva avere e che all’esasperazione gli avrebbe fatto credere di poter fare guerra a Inghilterra, Russia e Stati Uniti, il Fascio Littorio ancor’oggi sarebbe il simbolo dello Stato. Aveva ragione il Duce quando sbraitava e urlava che “il popolo italiano è un gregge di pecore su di cui bisogna usare bastone bastone bastone”. Ma quelli erano altri tempi, ora, la nostra classe politica anziché il bastone adopera la carota. Ciò che questo comporta non sono le loro punizioni, sono i loro premi. Con Tangentopoli si è scoperta solo una piccola parte della corruzione, solo una parte dell’iceberg immerso nell’oceano, solo la punta della piramide sommersa dalla sabbia. Ciò che sta sotto, coperto, inesplorato, lo sarà per sempre. Non siamo capaci, noi italiani, di tenere il respiro e nuotare fino alla base dell’iceberg, e, non siamo capaci, di resistere alla fatica di spalare la sabbia sotto il sole egiziano per liberare la piramide. Da quando poi, i “Partiti di massa” hanno lasciato posto ai “Cartel party”, ogni speranza è vana. Mentre da alcuni punti di vista i partiti sono meno potenti di prima, sotto altri punti di vista la loro posizione si è rafforzata. Accordandosi fra loro per aumentare il finanziamento pubblico, i partiti sono entrati in rapporti di reciproca complicità i quali li pongono nel gota delle istituzioni per mettere a loro disposizione sempre più risorse da distribuire in modo clientelare. Ecco perché in Italia non esiste opposizione. Basta leggere la parole di D’Alema il quale evoca l’inciucio tra maggioranza e opposizione per salvare B dai processi. Pochi lo ricorderanno ma già nel 95, l’astuto Max, fece delle avances al cavaliere; il 28 ottobre di quell’anno rilasciò un intervista al quotidiano “La Repubblica” nella quale affermava che “una cosa mi inquieta: l’inciucione, ma glielo racconto un’altra volta”. Non lo raccontò, ma tentò di farlo: prima con il governo Maccanico e poi con la Bicamerale, senza dimenticare che promise a B di non toccargli quanto di più prezioso ha: le televisioni. Difatti, grazie al conflitto di interessi di B, questa politica viaggia in acque più che sicure. Grazie all’uso di canali di comunicazione esterni ai partiti come la televisione, qualsiasi forma di opposizione a questa classe dirigente è annientata, come si può ben notare prendendo ad esempio le vicende Biagi, Santoro, Luttazzi, Travaglio ecc. Ma non è solo rapporto di convenienza quello tra D’Alema e B and friends. C’è qualcosa di più profondo. Possiamo ricordare quando alla convention di Pubblitalia Marcello Dell’utri appena condannato a 9 anni per mafia diceva: “Considero D’Alema il migliore degli avversari, meglio di tanti altri del Polo. Perché ha capito che è ora di smetterla con lo scontro, è ora di sedersi a un tavolo e cercare, insieme, una soluzione. D’Alema ha compreso finalmente che così non si può
andare avanti, e ha cambiato atteggiamento”. Detto questo la domanda giunge spontanea: ci meritiamo questa classe politica?
Stefano Poma (collaboratore)
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