Venerdì Santo e il vero digiuno

Venerdì Santo e il vero digiuno

In questo giorno tradizionalmente dedicato dalla Santa Romana Chiesa al digiuno in memoria della santa Passione di Nostro Signore, flagellato e schernito dal potere secolare e dai suoi connazionali, lui che si è addossato le mancanze di noi poveri uomini scegliendo la morte per la salvezza di molti come agnello condotto al macello, urge un ripensamento sulla nostra condizione di schiavi del peccato.
Il digiuno assurto come pratica di ribellione politica da chi maldestramente si arrampica sugli specchi del libertinismo agognando il ruolo di anticristo nell’emiciclo parlamentare e addirittura bramando un posto di potere alla guida della regione sul quale suolo si erge la sede del Santo Padre, impallidisce di fronte al digiuno di questo Santo giorno.
Un digiuno che non necessita di coppe cristalline ricolme di piscio agitate al vento o di cartelli appesi al collo in nome di battaglie in dispregio della vita. In questo giorno si ricorda semmai un assetato uomo appeso alla croce a cui viene offerta una spugna imbevuta di aceto e come cartello un’insegna irridente recante la scritta INRI.
Bene hanno fatto i neogovernatori dal fazzoletto color rubino alla tasca della giacca che hanno annunciato di opporsi alla venefica pasticca feticida seguendo le indicazioni illuminate del Santo Padre e che già fanno sollevare le urla di spregevole egoismo mascherato da indignazione di chi, non riuscendo a catalizzare l’attenzione e la simpatia dell’elettorato al quale si rivolge parla solo a nome proprio.
Prima che il gallo canti tre volte molti rinnegheranno le loro origini e la propria cultura e pochi saranno coerenti con il loro credo fino alla sommità del Golgota ma quei pochi, da soli, basteranno per salvare la stoltezza di molti e riportare partendo dal nord la giusta rotta morale di questo paese che pensa di poter arginare il torrente in piena della vita con un sassolino edulcorato.

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